Prandelli è contento. I primi giorni di allenamento, nonostante i tanti problemi legati ai tamponi e al Coronavirus, sono stati buoni. Cesare è tornato a Firenze in punta di piedi ma anche usando concetti forti e chiari con la squadra e con i suoi leader. Si è già cominciato a lavorare sul modulo, quel 4-3-3 facilmente trasformabile in 4-2-3-1 a seconda delle partite e degli avversari. Quel modulo che, nella sua prima avventura in viola, gli aveva regalato tanti successi e tanti applausi. Chissà che Pulgar non possa essere il Donadel della situazione, che Callejon non faccia il Santana e che Castrovilli non diventi il Mutu di quei tempi. Lo vedremo, fare paragoni è assolutamente difficile. Ma questa rosa, questa squadra, non è molto più debole della prima Fiorentina di Prandelli, che vedeva spesso titolari anche calciatori appunto come Donadel, come Pazienza, come Potenza, come Brocchi. Buoni giocatori, non fenomeni.

La vera differenza, sicuramente, era data dall’attacco. Mutu, Toni, Gilardino, Pazzini, a quei tempi erano tanta roba. E oggi non ci sono. Proprio per questo Prandelli sta pensando ad una squadra che sposti il baricentro più in avanti, che aiuti maggiormente gli attaccanti. Non potrà fare miracoli il buon Cesare ma sicuramente questi dieci giorni di lavoro potranno servire per cominciare già a vedere qualcosa di diverso. Anche perché i test fisici hanno dimostrato che la squadra sta bene, che lo staff di Iachini aveva lavorato bene dal punto di vista della condizione atletica. La squadra corre e fisicamente è in forma. Una buona base di partenza perché grazie a questi risultati Prandelli ha potuto, fin da subito, lavorare sulla tattica e sulla tecnica individuale. Intanto, oltre alla collaborazione con la dirigenza, il filo diretto tra il nuovo allenatore viola e il presidente Commisso è costante. Praticamente giornaliero. E la sensazione, conoscendo le due sensibilità, è che possa nascere un grande feeling. E che magari Prandelli possa riuscire in quello che i predecessori non sono riusciti: far capire, nel più breve tempo possibile, al buon Rocco i meccanismi non facili del calcio italiano. E la possibilità, fin da subito, di diluire il gap con le grandi. Partendo, innanzitutto, da un progetto tecnico che torni a pensare in primis alla bellezza del gioco, al reparto offensivo, a quel divertimento che a Firenze manca dai tempi del primo Montella. Cesare può avere la chiave per arrivare a questo in breve tempo. Anche senza pubblico, puntando soprattutto sulle motivazioni di un gruppo che ha dato sicuramente meno rispetto all’effettivo valore. Questa volta, un po’ per tutti, c’è gran voglia di tornare in campo. E di vedere, di capire già, a che punto siamo.

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