"O Captain! my Captain! our fearful trip is done".

È questo il primo verso della celebre poesia di Walt Whitman, scritta dal poeta statunitense dopo l’assassinio di Abraham Lincoln.

"O Capitano! mio Capitano! il nostro viaggio tremendo è terminato".

Queste parole descrivono alla perfezione la situazione di Chiesa e della Fiorentina. Venerdì sera al Franchi ad indossare la fascia da capitano è stato proprio il promesso sposo bianconero. Una scelta quanto meno discutibile quella presa da Iachini e società, che tuttavia sembra avere il sapore d’addio, e così come recita Whitman, pare proprio che “il nostro viaggio tremendo sia terminato”.

Si perché i titoli di coda sembrano ormai scorrere da tempo nella vicenda Chiesa alla Fiorentina, al termine di un film già visto dai tifosi viola, che già in passato hanno dovuto accettare il passaggio alla Juventus dei propri migliori giocatori. Ma stavolta qualcosa di diverso ed inaspettato è andato in scena. Proprio come al cinema, quando si pensa che il film sia ormai terminato, scorrono i titoli di coda, si attende che le luci in sala si riaccendano, ma d’un tratto ecco la scena finale che non ti aspetti, che ti sorprende e che lascia tutto in sospeso, in attesa dell’uscita del film successivo che chiarisca il tutto. Venerdì sera al Franchi la sensazione è stata un po’ questa. L’epilogo appare scontato. Chiesa alla Juventus è un binomio che ormai il classe 97’ si è stampato addosso. E si sa che a Firenze una cosa simile non viene perdonata, anzi.



Il capitano della nave di Whitman muore sul ponte di comando dopo averla condotta in porto vittoriosa. Ad aspettarlo il popolo esultante, le campane e le trombe suonanti, in un clima di grande festa. Per il giovane Chiesa lo scenario è tutt’altro che simile. La sua nave venerdì si è schiantata sullo scoglio Sampdoria, e il porto è ancora lontano. Rischia di abbandonare la sua nave in mare aperto, in balia delle onde di una stagione lunga e complicata. Venerdì sera a scortarlo verso lo stadio i suoi tifosi non lo invocavano più come un idolo, piuttosto come un traditore, non più degno di portare al braccio quella fascia che oggi sembra aver perso il significato che aveva un tempo.


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