Non ha mai chiesto esplicitamente tempo e pazienza ai tifosi Cesare Prandelli. Lui non è uno a cui piace mettere le mani avanti, prendere distanze di sicurezza, rimandare gli impegni a data da destinarsi. No, l'allenatore della Fiorentina ha fatto molto di meglio: si è seduto dietro al tavolo della sala stampa e ha posto dei concetti fondamentali: rispetto, attaccamento, valori. Concetti al limite del filosofico, messi lì come promemoria e ribaditi ogni volta in modo che nessuno li dimentichi mai.

C'è chi lo crede un allenatore finito, passato, rimasto indietro rispetto all'evoluzione del calcio. La verità invece è che Prandelli ha dalla sua parte un'esperienza straordinaria e un'intelligenza calcistica che non passeranno mai di moda. Lo dimostra il modo in cui ha preparato la partita con la Juve, o anche semplicemente la capacità talvolta di sviare dalle proprie convinzioni. Secondo lui il 4-3-3 era il modulo migliore per la Fiorentina? Bene, se il campo dice il contrario si cambia. Ed è solo uno dei tanti esempi che si potrebbero fare.

Prandelli, da quando è tornato, ha capito che il problema della Fiorentina era alla base: un gruppo di calciatori demotivati, che giocavano solo per loro stessi e non per la squadra. Esperti a fine carriera e giovani agli albori della stessa, due categorie che facilmente si smarriscono se non c'è una guida ad indicare loro la strada. Ecco, Prandelli rappresenta proprio questa guida. Prima ancora degli schemi, delle formazioni, del gioco, ha saputo cogliere il bisogno di lavorare sulla testa e sulla mentalità. Un'operazione delicata, che porta i primi frutti solo dopo il tempo necessario.

Motivo in più per credere che la vittoria contro la Juventus sia il trampolino di lancio verso tempi migliori, senza dimenticare i pareggi con Sassuolo e Verona che guardando la classifica non possono dispiacere. Quel tempo che Prandelli non ha mai saccentemente preteso, oggi tutti noi abbiamo il dovere di concederglielo. Per il bene della Fiorentina, per un nuovo anno migliore.


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