Aegroto dum anima est, spes esse dicitur”. Il primo a dirlo fu Marco Tullio Cicerone nel I sec. a. C., quando asseriva che: “Per colui che è ammalato, finché c’è il respiro, c’è speranza”. La Fiorentina, dopo la terza sconfitta consecutiva, è una squadra ammalata, ma non tutti i segnali della partita con l’Udinese hanno indicato che sia anche morta. Il respiro dei Viola lo si può sentire da tutte quelle occasioni che la squadra ha sciupato davanti a Silvestri, a cominciare dalla modesta conclusione di Piatek dopo pochi minuti. Il sospiro dei giocatori c’è stato poi quando il tiro di Torreira è stato intercettato sullo scoccare e da lì è partito il contropiede fulminante che ha portato gli ospiti avanti di due. Nel primo tempo, le palle gol sono state indirizzate maggiormente verso la porta dei friulani, ma il pallone non ne ha voluto sapere, infilandosi lo stesso dall’altra parte. A livello statistico, la gara è finita con un 73% di possesso palla della Fiorentina, 18 tiri totali, di cui 7 in porta. Come è spesso capitato alla banda di Italiano, gli avversari che sanno chiudersi e ripartire veloci sono letali per una squadra che sta con la difesa alta.

Oltre al dominio numerico, però c’è dell’altro. Ovviamente, non si può fare a meno di “notare” che la partita è finita 4-0 per l’Udinese, ma sul piano fisico i ragazzi di Italiano non si erano dati subito per vinti. Odriozola, per esempio, ha continuato a salire sulla fascia fino a quando il risultato era ancora recuperabile; Sottil è apparso quello che ne avesse di più nelle gambe. La corsa non è tutto e, come si è visto, gli errori tecnici si pagano a caro prezzo. Ma pur nella disfatta più totale, si scorgono alcuni elementi che potrebbero far intravedere la non resa della squadra. Non è un caso che il portiere avversario sia stato il migliore in campo, così come i tre centrali di Cioffi hanno tirato fuori dal cilindro una di quelle prestazioni da marchio Udinese. D’altro canto, i Viola dovevano alzare l’asticella delle ultime due partite, ma, almeno sul piano fisico, non si sono spenti prima del 90’. La squadra ci ha provato a buttarne dentro almeno una -anche solo per il morale- ma la porta di Silvestri sembrava stregata.

Nessun alibi. Niente scuse. Perdere un’altra chance di allungare sull’Europa è stato deleterio e, a tratti, perfino vergognoso. Il calendario che si doveva fare proibitivo, domenica inizierà la sua ultima corsa. I punti da fare erano in altre partite. Il tour de force tra Coppa Italia, campionato e recupero è stato sbagliato in toto, ma nell’ultima con l’Udinese almeno si è vista una reazione. Ripartire da quella, con la testa (possibilmente) più libera, dalla frenesia di fare gol che ha macchiato le ultime tre uscite. La stagione non è ancora finita. Nessuno nello spogliatoio deve credere questo e mollare adesso. Le prossime partite non andranno “onorate”, piuttosto giocate anche in modo diverso per racimolare più punti possibili. Per crederci ancora. Perché, come sbaglia la Fiorentina, lo possono fare -e lo hanno fatto- anche le altre contendenti all’Europa. Il vantaggio adesso è minimo, ma se sarà rimasto anche solo un alito di vita, allora ci potrà essere ancora la speranza.


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