La Fiorentina e le due velocità: una metafora che negli anni è stata usata più volte, con modalità anche opposte perché quando in panchina c'era Paulo Sousa e sul mercato arrivò un'armata Brancaleone guidata dal povero Benalouane a sostenere il sogno scudetto (o almeno quello Champions), a trainare il tutto era la parte tecnica.

Un po' l'opposto invece di quanto sta accadendo oggi, dove ad un club con idee espansionistiche e futuristiche sul lato infrastrutturale corrisponde una squadra che, quando più e quando meno, si accontenta di onorevoli rese di fronte ad avversari oggettivamente ingiocabili (specialmente se con 3 assenze pesanti), piuttosto che di prestazioni a scartamento ridotto. E' un po' l'emblema del Frecciarossa societario, che ieri ha posto il primo albero nel nuovo Viola Park, al cospetto di un triste regionale che si trascina di fermata in fermata verso una stazione chiamata salvezza.

Un vantaggio importante sul passato però c'è: se in precedenza infatti la squadra aveva potere molto limitato sulle intenzioni societarie, nella Fiorentina di oggi c'è una società che la forza (e la possibilità) di cambiare le cose a livello tecnico ce l'ha eccome. Rientra nei suoi obiettivi principali, parallelamente (e non secondariamente) rispetto alla battaglia per il nuovo stadio: una volta condotto al capolinea-salvezza anche questo convoglio, l'esigenza deve essere quella di trasformare anche il treno tecnico in un qualcosa di molto simile al Frecciarossa rappresentato da Commisso al di fuori del campo.


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