La direzione presa dalla Fiorentina sembra quella del tutti contro tutti. Soltanto le coppe stanno in parte stemperando e rimandando una serie di conclusioni che, evidentemente, saranno presto sul tavolo. A chi serve, a chi giovi questo clima nessuno lo sa. Ma nessuno sta facendo niente per rimettere qualche tassello al proprio posto. Anzi. Carattere, orgoglio, magari altro…non lo sappiamo. Dalla gestione della comunicazione, agli scontri verbali, al rapporto ormai sfilacciato con la gente con i media e con una parte sempre più consistente della tifoseria, ormai tutto sembra andare verso una sola rotta. Che potrebbe cambiare, nel presente, soltanto con una vittoria, un trofeo.


Poi c’è la squadra e l’allenatore, che (così ci dicono), sembra scocciato da diverse cose. C’è una proprietà, che da anni ormai (quattro), difende a spada tratta la propria dirigenza, i propri dipendenti, come si fa in famiglia. Per carità, cosa bella e rara. Ma non è detto che sia giusto, soprattutto nel calcio. Ah, su questo, permetteteci un appunto, che ci ha suggerito un amico esperto di aziende americane. Questo atteggiamento di tutela assoluta dei propri dipendenti, quando si dice ‘è tipico della gestione americana, diversa dalla nostra’, denota una stortura di fondo. In America è vero esattamente il contrario. Quando una azienda non va, quando i risultati sono al di sotto delle aspettative, quando si spende e non si hanno risultati, i dirigenti saltano, i quadri cambiano, spesso anche senza pietà da un giorno all’altro. Si guardano i numeri, e basta. Non siamo qui a dire cosa sia giusto o meno, ma l’atteggiamento di questa proprietà non sui può certo definire ‘americano’.


Intanto i tempi per il Viola Park si allungano (vedremo di quanto) e nessun giornale, nessun addetto ai lavori, risparmia critiche non appena ne viene data la possibilità. E purtroppo, le possibilità appunto, non mancano. Chi la fa l’aspetti, diceva un proverbio vero ma che in assoluto non ci piace.  Noi, nel nostro piccolo, nonostante quotidianamente ci troviamo messi lavorativamente in un angolo (ma meglio la schiena dritta, sempre!!!), scriviamo, diciamo e manifestiamo i nostri pensieri. E oggi, invece che schiacciare l’acceleratore sulle tante cose che non vanno e che non ci tornano ci chiediamo: perché continuare su questa strada? Perché non riarrotolare un po’ il nastro? Perché non ricominciare a parlare un po’ di calcio, di pallone, invece che solo e soltanto di soldi, di bilanci, di pagelle da dare ai giornalisti. Perché parlare sempre degli altri? Perché finire sulle home page on line e non solo, per la briga di voler rispondere in modo non certo conciliante ad un tifoso arrabbiato e deluso a fine partita? Perché non tornare un po’ tutti sullo stesso livello, o meglio perché non mettersi tutti allo stesso livello? Visto che sbagliare accade a tutti e che il calcio ti dà sempre una seconda possibilità. E qui parliamo di Rocco, solo di lui. Il resto ci interessa davvero poco.


Rocco Commisso continua ad essere la vera arma in più di questa Fiorentina. Per il suo patrimonio, per la passione che ci mette ogni giorno. Nessuno, può negare (nemmeno i più critici), che è davvero raro vedere un presidente che trascorre così tante ore e così tante energie accanto alla sua squadra. Nonostante l’età, gli acciacchi, anche gli impegni che avrebbe al di là dell’oceano. Ma anche per il carattere, per certi versi in perfetto stile fiorentino. Questo è quello che deve tornare a fare la differenza. Lui, l’uomo Commisso, il vero possibile valore aggiunto della nostra squadra. Basta tornare al giorno del suo arrivo a Firenze, per capire il potenziale, e quanto evidentemente è stato gettato alle ortiche. E non c’entra soltanto il nuovo stadio che non è stato fatto (bastava leggere gli ultimi 40 anni di Fiorentina per capire che sarebbe stato strano il contrario), o il possibile basso livello dei giornalisti (caro Rocco, guardati attorno, nel calcio ma anche su temi e argomenti ben più importanti del nostro misero pallone), o le contestazioni dei tifosi (Berlusconi, De Laurentiis…chiedere a loro), per arrivare ad ammettere che al momento si è fatto meglio calcio altrove, rispetto a Firenze. Una piazza che, lo dice la storia, da quando è nata come è al quinto posto della classifica perpetua. Non da 15° o 16°. Proprio per parlare di numeri, che poi sono l’unica cosa che contano. Molto più dei discorsi e delle polemiche.


Con questo pezzetto non meriteremo certamente il premio Pulitzer. E nemmeno la possibilità di poter tornare ad avere qualche intervista con questo o quel calciatore. Non è questo il problema, non è questo il tema, ce ne faremo una ragione. Non sta a noi decidere come gestire una società e l’informazione, non sapremmo nemmeno farlo. Ci piacerebbe soltanto che Rocco capisca (al netto degli errori fatti da tutti, non soltanto da lui) che si può ancora voltare pagina. E recuperare il terreno evidentemente perduto, almeno dal punto di vista dei rapporti, del rispetto. Il calcio è amore, passione, punti di vista diversi. I tifosi sono questo da sempre. Altrimenti che gusto c'è.

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