Che caso, quello di Arthur Cabral. In un certo senso, nei suoi circa undici mesi trascorsi alla Fiorentina, è possibile individuare una sorta di continuità: una parabola discendente, accompagnata da un’incondizionata speranza del tifo viola, per ora rimasta disillusa. Il numero 9 brasiliano, adesso, soffre di evidente ‘sindrome della porta stregata’, che gli complica ulteriormente la missione di farsi valere anche in Italia: per quanto, in amichevole, i risultati contino poco, gli ultimi test sono il punto più basso della sua avventura a Firenze.

Eppure non vi è completamente questa percezione, anche di fronte all’evidenza dei fatti. L’aria sembra essere fin troppo buona, per quella che è la reale situazione di Cabral. Per speranza di vedere i milioni spesi tramutarsi finalmente in gol, o forse per semplici spinte emotive, in alcuni casi vive ancora il mantra del ‘provaci ancora’, come se l’occasione successiva fosse sempre quella buona per svoltare di colpo la sua avventura alla Fiorentina. Ebbene, un pizzico di auspicio irrazionale è sempre da tenere da parte, ma non tutto può cambiare dall’oggi al domani.

Il primo passo da fare sarebbe cominciare a invertire la rotta, a mettere il primo mattone delle fondamenta della risalita. Perché in questo momento, Cabral (ri)parte da zero. Il brasiliano vive già di ricordi lontani, di quella scintilla da grande attaccante in un magico pomeriggio partenopeo, ma la vittoria delle prestazioni negative sulle positive è purtroppo schiacciante. Considerato il momento attuale, ovvero il minimo storico di Cabral in viola, la strada è più in salita che mai. Poi, la riflessione potrebbe estendersi al perché del suo acquisto, ovvero per sostituire il capocannoniere della Serie A e il miglior attaccante passato da Firenze nell’ultimo decennio. Ma questa è un’altra storia.

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