Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Gentile Redazione,
la lettera aperta di Diego Della Valle mandata nei giorni scorsi ai fiorentini mi ha fatto molto riflettere, non tanto per i toni aggressivi e per le numerose inesattezze in essa contenute, ma perché da essa ancora una volta sembra emergere un quadro in cui l'imprenditore calcistico risulta essere una sorta di salvatore, benefattore della città, che utilizza il proprio patrimonio personale per soddisfare in modo totalmente disinteressato e altruistico i bisogni di una parte della cittadinanza.
Questa visione, a mio avviso completamente in contraddizione con i dati finanziari del calcio attuale, mi ha suscitato una riflessione su ciò che dovrebbe essere lo sport e ciò che dovrebbe essere il ruolo del soggetto pubblico all'interno del mondo sportivo.

Parto da una premessa: oggi il comune di Firenze ha 18 società partecipate, che si occupano di questioni diverse: sono società partecipate Publiacqua, la Mercafir, la Firenze Parcheggi, la società che gestisce il parco dei Renai e via dicendo. Per ognuna di queste società, molto diverse da loro, una parte delle quote è di proprietà del comune, in misura variabile, si va da società la cui partecipazione azionaria del comune è molto bassa, come Banca Etica, ad altre in cui è molto elevata. La questione che mi pongo è dunque la seguente: una società calcistica, una società sportiva, potrebbe diventare una società partecipata? Più nello specifico, la ACF Fiorentina potrebbe diventarlo, potrebbe avere una parte delle sue quote di proprietà pubblica?

Per me una società di qualunque tipo può diventare una società partecipata a due condizioni: che ci sia un interesse pubblico e che ci sia una solidità finanziaria sufficiente da permettere di fare utili o comunque di non avere dei passivi. Nel calcio queste due condizioni ci sarebbero. L'interesse pubblico lo sport ne ha (ed è per questo che esistono assessorati allo sport, ministero dello sport eccetera): esso ha risvolti educativi, sociali, urbanistici e via dicendo. Le possibilità di fare utili ci sono, talvolta anche cospicui.

Sarebbe pensabile dunque una "Fiorentina bene comune" in cui una parte delle quote azionarie viene ad essere comunale? Sappiamo che una scelta del genere sarebbe controcorrente rispetto alla direzione del mondo attuale, quella di una presenza sempre maggiore di interessi e capitali privati nello sport. Ma Firenze nella sua storia è andata spesso controcorrente, dunque prima di abbandonare la riflessione basandoci sul panorama attuale, chiediamoci se questo nuovo approccio potrebbe avere conseguenze positive o no per la città intera, tifosi e non tifosi.

Credo che tra i riscontri positivi che potrebbe avere una operazione del genere, ci sarebbe quella di poter lanciare una "glasnost" sul calcio. Mi viene in mente questo termine che divenne mondialmente famoso ai tempi di Gorbaciov e della fine dell'URSS come sinonimo di processo di trasparenza, perché il mondo del calcio attuale, le operazioni finanziarie, i contratti e via dicendo spesso non brillano per trasparenza: avere un OpenData sui contratti dei singoli calciatori, sugli intermediari eccetera sarebbe una garanzia per tutto lo sport. Una presenza di una quota partecipata da parte di un soggetto pubblico, potrebbe inoltre indirizzare il CdA nel mettere una quota ulteriore di azioni in vendita per un azionariato popolare, coinvolgendo la cittadinanza ancora di più in questo progetto innovativo. La presenza del soggetto pubblico potrebbe poi far sì che lo sport diventasse veicolo per promuovere tra i cittadini campagne di sensibilizzazione su temi importanti, come avvenuto a Rieti in cui la squadra di basket è stata testimonial importante per il lancio della raccolta rifiuti porta a porta. Insomma, credo che sia un tema su cui varrebbe la pena discutere. Nei dibattiti, nei forum, negli editoriali.

Nei giorni scorsi il sindaco uscente Nardella ha detto, durante il confronto in RAI, che per lui il comune non deve spendere in opere sportive, lo devono fare i privati. Oggi la sua opinione sembra essere egemone nel panorama politico. Un secolo fa non era così. Quando nel 900 si costruivano stadi o altre opere sportive, a tutti sembrava normale che tali opere fossero pubbliche, che tali opere appartenessero ai cittadini, come oggi ci appartiene il Franchi. In quel confronto risposi al sindaco che io credo, al contrario, che serva ripubblicizzare lo sport e invertire la rotta rispetto alla privatizzazione degli stadi. Affinché lo sport diventi un po' meno un campo libero per grandi investitori e gruppi finanziari (che raramente si muovono senza avere interessi privati) e torni ad essere qualcosa che veicoli valori ed emozioni. Affinché il tifoso possa smettere di sperare in un emiro o petroliere o altro magnate che compri la propria squadra, e possa togliersi la veste del ragioniere per tornare ad essere l'appassionato, il co-protagonista di uno spettacolo che nuovamente emoziona e coinvolge.

Fiorentina bene comune? Pensiamoci. Non soltanto ora, prima dell'appuntamento elettorale, ma soprattutto dopo. Potrebbe essere questo tema un altro ambito in cui Firenze torna ad essere innovatrice nel panorama italiano e non solo.

Andrés Lasso, candidato sindaco dei Verdi

PS: Mentre scrivevo queste riflessioni ho letto dell'attacco scomposto di De LaurentiIs al sindaco Nardella a cui esprimo la mia solidarietà. Pur essendo io su posizioni molto diverse dal sindaco uscente su tanti temi, stadio incluso, ritengo che tale attacco sia assolutamente da biasimare, non solo per maleducazione e la violenza verbale ma anche per la totale scorrettezza verso le istituzioni e indirettamente verso la città che esse rappresentano.

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