"Con Dusan eravamo settimi, senza siamo arrivati settimi. Con la Juventus ha fatto 7-8 gol, lo stesso numero che hanno fatto Piatek e Cabral insieme. Non abbiamo perso molto vendendo Vlahovic, anche se coloro che pensano di sapere il futuro dicono che con lui saremmo andati in Champions League”.

Con queste parole Rocco Commisso ha parlato dell’addio di Dusan Vlahovic dalla Fiorentina, affermando che la squadra non ha perso granché con la sua partenza. Settima era e settima è rimasta. Un ragionamento che non fa una piega. Così come, dal punto di vista prettamente numerico, il presidente non ha torto sui gol segnati. Vlahovic alla Juve ne he fatti 8 (7 in campionato e uno in Coppa Italia), lo stesso numero della SOMMA di quelli di Piatek (6) e Cabral (2). Sull’ultima affermazione, invece, un po’ di dubbi permangono. I Viola hanno terminato a 62 punti, uno in meno della Roma, due dalla Lazio e otto proprio dalla Juve. Ora, è vero che le vittorie contro Napoli, Roma e Juventus dell’ultimo periodo hanno fatto il paio con le figuracce di Salernitana, Udinese e Sampdoria. Ma se la matematica non è un’opinione, non bastava poi chissà cosa per prendersi (o comunque arrivare più vicini) alla zona Champions. In una Serie A discretamente mediocre, non era chiedere la luna. L’obiettivo però non era quello -per Commisso l’ambizione era la parte sinistra della classifica- e infatti la società ha venduto a una diretta concorrente (quest’anno i bianconeri lo erano decisamente) il suo attaccante migliore.

Lasciando stare calcoli e previsioni sulla Fiorentina con la permanenza di Vlahovic, l’affermazione che non sia cambiato nulla con i suoi sostituti dà un pugno in piena faccia ai tifosi. È vero che Piatek e Cabral hanno messo in porta gli stessi palloni del serbo a Torino, ma ne hanno anche realizzati meno della metà del solo Vlahovic nella prima parte di stagione a Firenze (20). E c’è di più. Dopo l’exploit di Piatek tra gennaio e febbraio, il polacco la rete non l’ha più vista (e nemmeno il campo). Che dire invece di Cabral, i numeri parlano per lui: appena 2 marcature in 16 partite. Uno inutile -ma non è certo colpa sua- e l’altro meraviglioso e fondamentale. Un contributo sicuramente altalenante, condito anche da 2 assist. Periodo di ambientamento da considerare, Italiano si aspetta molto di più da un bomber che sfasciava le reti in Svizzera (e anche in Conference League).

Dal punto di vista tecnico-tattico, poi, il paragone Piatek + Cabral vs Vlahovic è impietoso. L’odiato ex metteva giù i palloni più difficili, stoppava anche i sassi, pressava persino i portieri e aveva pure la visione di gioco di chi raccoglie palla spalle alla porta e vede la profondità per i compagni. Un centravanti completo, moderno, ma soprattutto ideale per il gioco di Italiano. Tutte qualità che i due nuovi non hanno mai messo in mostra. Anzi, le difficoltà avute nel proteggere la sfera sono state uno degli argomenti più discussi dal pubblico. Anche l’irruenza e la “spasmodica voglia di fare fallo” di Cabral non sono passate inosservate. Almeno però il giocatore brasiliano sembra avere margini di miglioramento. Un’opportunità che presumibilmente non verrà offerta a Piatek.

In conclusione, non torna ciò che ha detto Commisso. Piatek e Cabral non valgono il solo Dusan Vlahovic, per una serie di motivi che -oggettivamente- si rendono palesi in campo. La società quindi dovrà intervenire, per la seconda finestra di mercato consecutiva, sul ruolo di centravanti. Cabral potrebbe essere confermato come titolare, ma le tentazioni Belotti e Cavani aleggiano già da tempo intorno al Franchi. Del più del centinaio di milioni incassati dalle cessioni di Chiesa e Vlahovic ne sono rimasti 50 (Commisso dixit). Una parte dovrà necessariamente finanziare la causa dei calciatori che hanno lo stesso ruolo di Kokorin. Adesso tocca alla squadra mercato rinforzare un reparto che, alla fine dei conti, ha perso notevolmente dallo “scambio” Vlahovic per Piatek e Cabral.


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