La matematica è una scienza esatta, una cosa che -fortunatamente- non riguarda anche il calcio. Ci sono delle regole, però, quasi come fossero delle equazioni, che danno un’idea di ciò che una squadra deve fare per portare a casa il risultato. Tutte queste girano intorno al numero di gol, segnati e subiti, che, al di là di ogni schema, ogni tattica e qualunque possesso palla, determinano sempre e comunque l’esito di una partita. Se la Fiorentina di Vincenzo Italiano è calata drasticamente di rendimento nelle ultime due settimane, lo deve principalmente alla quantità di reti incassate (9) e alle pochissime, in verità appena una, messe a segno. Nelle precedenti quattro sfide, infatti, i Viola hanno insaccato giusto un pallone, quello di Saponara a Salerno, che aveva illuso i compagni riguardo a una possibile rimonta. Contro l’Udinese, nonostante i 18 tiri totali, di cui 7 nello specchio, nessuno era finito dentro, confermando la scarsa mira degli attaccanti in questo momento. E infine a San Siro, il tiro ravvicinato di Igor (0 gol in tutta la sua carriera da professionista) e soprattutto il colpo di testa di Cabral, non erano riusciti a trafiggere la porta della capolista.

Quello dell’inefficacia sotto porta è un problema serio. Anche se riguarda, come detto, solo l’ultimissimo periodo. Nel calcio le puoi terminare anche tutte 0-0, ma il massimo di punti che raccoglierai non supererà mai 1. Ancora la matematica. Quella stessa bastarda che deciderà anche le sorti finali della stagione della Fiorentina. I calcoli pre Salernitana e Udinese sono stati completamente sbagliati, così da costringere la formazione viola a racimolare obbligatoriamente il massimo dei punti nelle ultime tre. Il problema però resta: chi la butta dentro? Cabral che ha segnato 2 gol in 13 partite? Gonzalez che ha la stessa freddezza di un ghiacciaio della Patagonia sotto il sole di Buenos Aires? Oppure Ikonè? Ecco, i tre marcatori del Maradona dovrebbero essere i migliori attaccanti rimasti al momento, escludendo la forma fisica precaria di Torreira. Per ricostruire, e non sciupare, il castello che la squadra aveva tirato su nelle prime 30 giornate, ci sarà bisogno di una cooperativa del gol. Portare più giocatori possibili nella metà campo avversaria per sperare che almeno uno (e ne basterebbe anche solo uno) la “pigi” dentro.

Attenzione: non servono 3 gol come a Napoli per vincere una partita. Nel calcio, e nella nostra Serie A in particolare, ne bastano molti meno per fare 3 punti. Nel periodo in cui la Fiorentina volava in campionato, aveva battuto con tre 1-0 consecutivi in casa Bologna, Empoli e Venezia. Non con le sue migliori prestazioni in assoluto, ma raccogliendo il massimo da partite cui non aveva la necessità di dominare. Contro la Roma, andrebbe ripetuto quel canovaccio: puntare al bottino pieno, senza scoprirsi eccessivamente e sfruttando le poche occasioni che gli avversari concederanno.

L’obiettivo primario della squadra di Italiano resta quello di ritrovare il gol. Non importa come, basta riavere tra le mani -o meglio, tra i piedi- quella facilità che mandava la Fiorentina in rete. Che sia Igor, Duncan o Sottil, poco conterà: la cooperativa del gol ha sempre funzionato nelle grandi squadre che non possedevano un bomber prolifico. Per sperare ancora nell’Europa, i Viola devono tornare a far vibrare quei maledettissimi intrecci di forma quadrata alle spalle del portiere. E, possibilmente, non quelli che stanno dietro a Terracciano.


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