Facciamo un passo indietro. Ormai fanno parte del passato le recenti dimissioni di Prandelli e il conseguente ritorno in sella di Iachini. Ieri il tecnico marchigiano si è giocato la prima delle dieci finali in programma per la sua Fiorentina, e da lui, tifosi e addetti ai lavori, si aspettavano che riuscisse a ridare quella convinzione e quella solidità che in fin dei conti riuscì a trovare nel finale della passata stagione proprio alla guida della Viola. 

Il punto conquistato a Genova non è affatto da disdegnare, considerando poi gli episodi che hanno costretto Pezzella e compagni a rincorrere e a giocare in inferiorità numerica per larga parte del secondo tempo. La squadra nel momento di difficoltà non si è sfaldata come spesso è accaduto nel corso della stagione in momenti simili, il gruppo ha assorbito e metabolizzato in fretta l’ennesimo cambio in panchina. Iachini, dalla sua, si è ricalato in pieno nelle vesti dell’allenatore della Fiorentina, dimostrando ancora una volta una professionalità e un attaccamento a questi colori fuori dalla norma. 

Tuttavia la domanda che chi scrive si pone è la seguente: Quanto può incidere un qualsiasi allenatore sulla panchina di questa Fiorentina? In altre parole: con il ritorno di Iachini vedremo una Fiorentina diversa rispetto a quella ammirata sotto la guida tecnica di Prandelli? 



Tatticamente la squadra che ieri è scesa in campo a Marassi è la stessa vista a Benevento tre settimane fa, almeno per 10/11. L’unica eccezione è stato il cambio Castrovilli-Eysseric. La cosa ovviamente non sorprende, visto e considerato che Iachini ha intelligentemente cercato la via della continuità, toccando il meno possibile lo scacchiere lasciatogli in eredità da Prandelli. In più c’è da dire che oggi, chiunque si trovasse a dover ricoprire il ruolo di allenatore della Fiorentina, probabilmente non avrebbe molte altre opzioni a disposizione.  

I motivi sono molteplici: il primo è senza dubbio l’aver sfoltito la rosa ad un numero di giocatori tutt’altro che eccessivo, le partenze di Cutrone, Lirola e Saponara lo dimostrano. Poi c’è da aggiungere la presenza in squadra dei giocatori arrivati a gennaio (Malcuit Kokorin) che a ieri (partita col Genoa) non sono a disposizione dell’allenatore e mai (o quasi) lo sono stati. Una squadra costruita per giocare con il 3-5-2, un centrocampo ridotto all’osso con Amrabat Borja Valero come uniche alternative, un reparto offensivo che non può far a meno di Vlahovic Ribery. Una panchina corta, con alternative pressoché forzate, cambi già scritti ancor prima di scendere in campo. 

Essere l’allenatore della Fiorentina ad oggi non è affatto facile, e Iachini, così come prima Prandelli, deve i fare i conti con i giocatori che ha a disposizione. Gli ingredienti in cucina sono quelli, c’è poco da inventare. Detto questo il tecnico marchigiano un compito ben preciso lo ha. Tirar fuori il meglio da questi calciatori, creare l’alchimia giusta in un gruppo troppo spesso disunito, ricompattare un’ambiente ed una città che non meritano di soffrire fino all’ultima giornata per sapere che destino attende la propria squadra 

💬 Commenti