Comunque vada. Comunque andrà, chiunque allenerà la Fiorentina da qui in avanti, una cosa sembra ormai chiara: questo proprietario, questa società, questi dirigenti devono mettersi a sedere. Guardarsi in faccia, scegliere una linea comune. E far uscire solo e soltanto quella. Perché, come accaduto la scorsa estate con la conferma di Iachini (che voleva solo Commisso), l’errore si è ripetuto anche a distanza di mesi. Non si fa calcio così. Non si fa calcio con un tecnico che almeno due quarti di società non vogliono più e un presidente che, nel bene o nel male, è chiamato a decidere. E a prendersi, in toto, la responsabilità della scelta.

Primo perché non è giusto per lui, secondo perché allora viene da chiedersi: cosa ci stanno a fare i dirigenti? Terzo perché, chiunque sia costretto a sedersi sulla panchina viola in questo momento, non sentirà la scelta come comune. Oggi, la Fiorentina, purtroppo è questa. Pochi uomini di calcio, qualcuno che dice la sua e tanti altri che preferiscono tacere. Un ds, Pradè, per adesso vincente nelle scelte che ha pensato, immaginato, ma che non ha potuto fare. Come quella di non puntare su Montella la scorsa estate, come quella di voler vendere Chiesa un anno fa, come quella di pensare ad un cambio di panchina la scorsa estate.

Oggi, con questo braccio di ferro Iachini/Prandelli sembra ripetersi lo stesso film. Regna la confusione, purtroppo, e in questo momento soltanto Rocco Commisso può decidere di invertire la rotta, può capire di aver sbagliato qualcosa. Deve cominciare un po’ a fidarsi, a delegare. Poi, l’ultima parola, è giusto che sia la sua, come accade da sempre per i presidenti. Ma se non si fida di chi c’è adesso, che cambi subito, che giri pagina. Perché le grandi società, da sempre, si costruiscono con gli uomini, con i progetti, facendo squadra. I centri sportivi, lo stadio nuovo, il mercato, arriva dopo. Molto dopo. Soprattutto se si ha voglia di vincere e di fast fast fast.


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