L'estate del 1990, per gli italiani rappresentò un momento unico ed indimenticabile. Nel Belpaese, infatti, si disputarono i Mondiali di calcio, un evento che, forse per la prima volta nella storia del dopoguerra, aggregò realmente tutti gli italiani. Era un momento di massimo splendore: il paese viaggiava sulle ali dell'entusiasmo, buona parte dei cittadini poteva concedersi più di dieci giorni di vacanza e lo spettro della crisi, che arrivò due anni dopo e costituì l'avvio del lento oblio della Prima Repubblica, non albergava nella mente degli italiani. I Mondiali,di conseguenza, furono un momento di grande partecipazione, in cui gli sportivi sognavano di vedere gli Azzurri impossessarsi della quarta Coppa del Mondo, per diventare leader indiscussi del palmarés della manifestazione.

Estate 1990: le notti magiche fanno incrociare il destino della Seleçao con la Viola


Alle porte dell'estate delle "notti magiche", Firenze, però, visse, dal punto di vista sportivo, un momento tragico: la cessione di Roberto Baggio alla Juventus. La gente scese in piazza per protestare contro i Pontello, rei di aver ceduto l'uomo che, dopo Giancarlo Antognoni, seppe nuovamente far sognare ad occhi aperti i tifosi fiorentini. Quanto fosse maestoso Roberto, poi, lo si capì anche durante la massima manifestazione internazionale: ancora oggi, tutti gli sportivi italiani hanno indelebile, nella mente, il superbo goal che realizzò alla Cecoslovacchia. Oltre all'Italia, le favorite di quel Mondiale erano Germania (che vinse la coppa), Olanda (campione d'Europa in carica), Argentina (detentori del trofeo) e Brasile (campione sudamericano).

Ed è proprio con la Seleçao che, in quell'estate, si incrociò il destino della Viola. I Pontello, sull'onda della protesta della cessione di Baggio, decisero di vendere la società a Vittorio Cecchi Gori, che si ritrovò come allenatore un certo Sebastiao Lazaroni, il c.t. del Brasile ad Italia '90: in un momento in cui il calcio italiano tentava di abbandonare i propri dogmi per abbracciare una nuova visione calcistica, di cui il Milan di Sacchi ne era l'esempio più fulgido, a Firenze si decise di puntare su un tecnico che, per la prima volta nella storia, schierava il libero nella Seleçao. Una scelta, quindi, in netta controtendenza. D'altro canto, la Fiorentina era reduce dalla conquista di una faticosa salvezza e risultava indebolita, al di là della cessione di Baggio, dalle operazioni di calciomercato: il detto "primo non prenderle", di conseguenza, sembrava il mantra imprescindibile al quale affidarsi.

Nonostante vinse la Copa America nel 1989, un torneo che mancava nella bacheca verdeoro da quasi quarant'anni, Lazaroni non era molto amato in Brasile. In primis, era solito rimproveragli la modesta carriera avuta da calciatore nella serie B brasiliana, passata in un ruolo in cui all'epoca, a quelle latitudini, ci si cimentava solo ed esclusivamente perché si era scarsi coi piedi: il portiere. L'etichetta di difensivista, poi, fu ulteriormente acuita dalla proposizione del libero, in uno schema, il 3-5-2, che poco aveva a che fare con la tradizione del Futbol Bailado dei brasiliani.

L'esperienza italiana di Lazaroni: cosa resta agli annali?


Il Brasile ammirato ad Italia '90, oggettivamente, fu uno dei più brutti della storia: la vittoria del girone a punteggio pieno, grazie alle modeste vittorie di misura contro Svezia, Costa Rica e Scozia, non misero Lazaroni al riparo dalle critiche, che diventarono feroci dopo l'estromissione agli ottavi di finale per mano degli odiati cugini argentini. Il tecnico brasiliano, a tutt'oggi, vanta un poco invidiabile primato: nel dopoguerra, al pari della selezione di Inghilterra '66 (estromessa il primo turno), la sua Seleçao è quella che ha segnato il minor numero di reti (4) ad una fase finale di un Mondiale.

Puntare su questo tecnico, quindi, parve subito un azzardo, molti più alto di quello che gli utenti si prendono a scommettere sullo sport, dove è possibile affidarsi a siti, come quelli marchiati AAMS, per divertirsi in modo sicuro e consapevole. L'avvio, d'altro canto, fu traumatico: 0-4 all'Olimpico contro una Roma trascinata dal duo Voeller-Carnevale. Il prosieguo del campionato, pur essendo meno problematico di quello precedente, riservò ben poche gioie, fra le quali val la pena ricordare il memorabile pareggio (1-1) a San Siro contro l'Inter, colto in doppia inferiorità numerica, e la vittoria al Franchi sulla Juventus grazie ad un goal di Fuser. Di bel gioco, come era logico attendersi, neppure l'ombra.

Il brasiliano, sorprendentemente, fu confermato anche per la stagione successiva, nonostante rischiò l'esonero più volte durante la sua prima stagione in riva all'Arno. Ma il suo regno, nel 91-92, ebbe breve vita: dopo sei giornate fu esonerato e al suo posto fu assunto Gigi Radice. Lazaroni salutò l'Italia per il grande rammarico della Gialappa's Band, che lo rese protagonista assoluto della rubrica "Le interviste impossibili" in "Mai dire Gol". E che tutt'oggi, è l'unico reale motivo per cui viene ricordato dagli sportivi italiani.

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