Nel 49 a.C, quando Giulio Cesare attraversò il Rubicone (confine tra l’Italia e la Gallia Cisalpina) infrangendo così la legge che vietava a qualsiasi magistrato di entrare in Italia con un esercito senza l'autorizzazione del Senato, lo storico Svetonio gli attribuisce questa frase. “Alea iact est”, il dado è tratto. Il detto è poi entrato nell'uso per ogni decisione importante e irrevocabile.

E voi vi starete (giustamente) chiedendo quale sia il motivo di quest’introduzione. Ci arriviamo subito: la giornata di martedì sarà da ricordare come quella in cui Rocco Commisso ha scoperto le proprie carte. “Io voglio distruggere tutto e rifarlo". Il riferimento, chiaro, è all’Artemio Franchi. Il presidente della Fiorentina non ha usato mezze misure all’uscita da Palazzo Vecchio. “Va fatto per Firenze e per i tifosi, lasciate investire chi vuole investire”. Ma anche: “Il Franchi non è il Colosseo. Non voglio buttare giù il Ponte Vecchio, ma un impianto che in un Paese normale nel ventunesimo secolo non dovrebbe esistere”.

Insomma, i piani di Commisso sono finalmente chiari a tutti. Il tycoon italo-americano non vuole accontentarsi, almeno per adesso, di un parziale restyling. E andrà a Roma, assieme ai rappresentanti del Comune di Firenze, per presentare il progetto preliminare. E capire realmente cosa può offrire in più al recente passato il decreto Sblocca-stadi.

Il riferimento ai bagni del Franchi di oggi è impietoso e rappresenta al meglio le condizioni attuali dell’impianto. Che sembrava essere finito nel dimenticatoio quando si discuteva della Mercafir, ma che è tornato improvvisamente (o forse no) al centro dell’attenzione non appena Commisso ha fatto marcia indietro sul mercato ortofrutticolo. Altrimenti, come ribadito dallo stesso presidente della Fiorentina, sarebbe l'ipotesi Campi Bisenzio a balzare in primo piano. Un'eventualità che la politica locale (e regionale) farà di tutto per evitare. Ma, per farlo, urge la necessità di accontentare il tycoon.


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