La Fiorentina non è guarita. Ma alle volte una partita, o magari due (ci auguriamo quella contro il Milan), possono sbloccare e cambiare quasi magicamente le sorti di una squadra e di una stagione.

Anche contro l’Udinese abbiamo visto una squadra prigioniera delle proprie paure, delle proprie insicurezze. Errori tecnici, errori singoli, inconcepibili parlando di una squadra di Serie A. Ma dopo la rete del ragazzino Montiel (guarda caso l’unico spensierato, entrato in campo senza nulla da perdere), tutti quelli in campo sembravano cambiati, trasformati, rinati. In quei dieci minuti la Fiorentina è tornata a fare tre passaggi di fila, a stoppare bene il pallone, a creare. Si è rivista un po’ di logica.

Prandelli, bravissimo nei cambi e nell’essere riuscito quantomeno a tenere la squadra sul pezzo e in partita ad Udine, adesso dovrà lavorare su quei dieci minuti. Quei seicento secondi dai quali ripartire. Lo stesso Vlahovic, criticato anche troppo violentemente da tanti, finalmente ha avuto un paio di occasioni buone. Una l’ha sbagliata clamorosamente, ma gli è servita e gli servirà. La Fiorentina si sta riavvicinando alla porta avversaria, sta trovando un assetto più ordinato, sta scegliendo il suo gruppo di 15-16 calciatori su cui puntare.

Già, perché Prandelli vuole creare uno zoccolo duro, una formazione titolare dove cambiare al massimo un paio di pedine a partita. Per questo sta insistendo (con scarso successo al momento) su Kouame e Vlahovic là davanti. E non è da escludere che anche a San Siro tocchi a loro. Prandelli li vuole responsabilizzare, vuole fargli sentire la fiducia del tecnico e dei compagni. Poi, se il ‘periodo di prova’ andrà male cambierà.

Ma la vittoria di Udine, potrebbe finalmente aver allontanato un po’ di sicurezze ad una squadra che non sarà da Champions, ma che non può nemmeno essere quella vista nell’ultimo mese. Si riparte da qui, sapendo che c’è ancora tanta strada da fare. E che i momenti di difficoltà, inevitabilmente, torneranno.

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