C’è l’equilibrio, che ci fa dire che una partita giocata male, dopo sette gare buone per questa Fiorentina ci può benissimo stare. E che le polemiche sono esagerate, come spesso accade. C’è la pancia, che a fine partita porta qualche tifoso presente a Venezia ad alzare i toni, nei confronti di Vlahovic, ma a cascata anche su tutti gli altri. C’è una proprietà, nuova, che ha fatto una mossa in un momento di calma apparente e abbastanza inusuale. Perché il calcio vive di regole, gli spogliatoi anche. Non sta a noi dire se è giusto o sbagliato, ma gli equilibri da sempre condizionano le stagioni e la prestazione di Venezia ci dice che qualche campanello d’allarme è inevitabilmente suonato.

Ma qui torna fuori l’equilibrio: in tutta onestà, Vlahovic non ha giocato peggio di altri (anzi), non ha tirato indietro la gamba (anzi), non ha dato segnali di insofferenza (anzi). Semplicemente non gli è arrivato mezzo pallone giocabile, non ha segnato e, avendo rifiutato 4 milioni all’anno, questo gli si è ritorto contro come un boomerang. Film già visto. Da noi, figuriamoci da chi fa calcio da una vita, in Italia. Pochi all'interno della Fiorentina, asserisce qualcuno.

Ormai la frittata (come abbiamo spesso detto e scritto Commisso dal punto di vista umano ha tutte le ragioni per arrabbiarsi ed esternare quello che vuole, ma dal punto di vista sportivo si è preso un bel rischio) è stata fatta, adesso occorre rimediare. Perché il calcio ti dà sempre una via di uscita, se agisci in fretta. Perché i tifosi (ma anche i giornalisti e gli opinionisti) da quello che si fa o che non si fa, da quello che si dice o che non si dice, costruiscono enormi castelli di sabbia. Per intendersi, il bene della Fiorentina prima di tutto. E allora occorre, ma ci sarà sicuramente, che dall’alto arrivi qualche comunicazione, la linea da seguire. Altrimenti vale tutto e il contrario di tutto. E, chi ci rimette, è soltanto quella maglia viola. Italiano dà la sensazione di provare ad autoconvincersi che tutto sia a posto, che la squadra a Venezia abbia giocato bene (forse ci aveva abituato male, ma non siamo della stessa opinione), che la storia Vlahovic non condizioni il gruppo, o la piazza. Ma chi lo conosce sa che aveva paura che si potesse arrivare a questo punto, dal primo giorno che è cominciata questa telenovela.

E allora anche portare i calciatori a fine partita sotto la curva può diventare un rischio. Che poi, parliamoci chiaro: non esiste soluzione. Non portarli avrebbe dato adito a mille polemiche comunque. Se Vlahovic, come dice qualcuno, per amor proprio non fosse andato, sai che casino per dirla in fiorentino. Insomma, in queste situazioni si sbaglia sempre, qualsiasi scelta si faccia. E Dusan è nel mezzo, perché in fondo nel mezzo ha deciso di stare. Magari non immaginava di trovare una proprietà che avrebbe parlato, mettendosi in gioco, così a viso aperto, alla luce del sole. Ha sorpreso tutti, figuriamoci lui. Questa storia, anche questa storia, ci dimostra soltanto una cosa: che occorrono regole diverse, altrimenti i finali sono sempre gli stessi. Identici. E a rimetterci è solo chi, ancora, crede nel tifo, in una squadra, nei colori. Ma siamo sicuri che ci sia, davvero, chi nel Palazzo ha interesse a cambiare questo sistema ormai logoro? La domanda ha, implicita, già la risposta.


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