A tre giorni dalla fine del mercato estivo, Christian Kouamè aveva un piede e mezzo fuori da Firenze. A Moena non era mai stato provato insieme ai veri componenti della rosa, messo da parte sin da subito perché destinato a partire per un altro prestito o a titolo definitivo. Volente o nolente, alla fine è rimasto, come quinto esterno dell’attacco o punta all’occorrenza. E quasi per magia (?), la Fiorentina oggi si trova a dipendere dalle sue giocate.

Scelta oculata, confermata soltanto in extremis, o botta di “C” dell’ultim’ora? Rocco Commisso aveva dichiarato, anche se solo dopo l’ottimo avvio dell’ivoriano, che era stato lo stesso Joe Barone ad averlo confermato, scavalcando - si presume - la volontà dell’area tecnica. Chi sia stato veramente a trattenerlo non è importante, ciò che conta è che la squadra adesso dipende quasi esclusivamente dalla fantasia di questo ragazzo. Contro il Lecce, non solo ha rimesso le cose a posto - “a posto”, si fa per dire - ma ha spesso aiutato la difesa a non subire le ripartenze avversarie. La sua abnegazione è lodevole, tanto da averlo fatto diventare un titolare a sorpresa di una squadra che deve ancora ritrovare il vero Nico Gonzalez (e tutti e due i centravanti).

La sua centralità nel gioco offensivo, e non solo, risulta quindi come un paradosso. Se la società fosse rimasta sui suoi passi, confermando la volontà di monetizzare con la sua cessione, a che punto, sia in campionato che in coppa, si sarebbe ritrovata la squadra? Sicuramente avrebbe avuto due punti in meno in Serie A, dato che i suoi due gol sono valsi due pareggi. Ma anche in Conference il suo contributo è stato decisivo. Allora, come giustificare il suo exploit? Una conseguenza sapientemente ragionata, frutto di mesi e mesi di riflessioni, oppure una casuale scoperta di Italiano?


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