La notizia che ha scosso il calcio italiano è stata di quelle sconvolgenti, ma non per questo inaspettata. Le dimissioni di tutto il cda della Juventus hanno colpito il sistema come un fulmine a ciel sereno, con un lampo che però aveva mostrato il suo bagliore già da tempo. Che la società torinese fosse sommersa di debiti non era cosa nuova, tanto da essere punzecchiata a più riprese anche dal patron della Fiorentina.

Già, quel Rocco Commisso che in ogni conferenza stampa o uscita pubblica lamentava il fatto che l’ex club di Agnelli non rispettasse le regole finanziarie, così come altre aziende del nostro Paese come Inter e Milan. Alla fine – adesso si può dire con assoluta certezza – ha avuto ragione lui. L’unico presidente di Serie A a non volere il posticipo del pagamento delle tasse e la loro rateizzazione; uno dei pochi a produrre utili con una delle maggiori squadre del campionato.

C’è chi rispetta le regole (a costo di non ambire ai più risultati alti) e chi se ne frega andando al di là della legge. Finendo poi per essere costretto a lasciare tutto, persino la faccia. L’inchiesta ai danni della Juventus potrebbe – ancora è doveroso usare il condizionale – insegnare che, alla fine, tutti i nodi vengono al pettine. E che le continue ricapitalizzazioni non sono la soluzione per squadre che spendono senza tenere conto delle entrate.

Il fu Consiglio di Amministrazione bianconero pensava di farla franca, di scippare i migliori giocatori a tutte le altre squadre italiane e non incappare mai sotto la lente della Finanza. E in tutta questa vicenda, un pensiero non può che andare ai tre talenti del settore giovanile viola, illusi che il club più titolato d’Italia avesse anche le fattezze di una solida società.

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