L’episodio tra Bonaventura e Di Marco farà molto parlare di sé e il Fatto Quotidiano riesce brillantemente ad analizzarlo dal punto di vista regolamentare. Nell’area nerazzurra, il centrocampista viola si avventa su un cross, cade in maniera poco naturale e si tiene subito il ginocchio. Sembra un particolare di poco conto, ma in realtà non lo è, dal momento che Doveri viene richiamato dal Var.

Il contatto c’è e ci sono tutti gli elementi per il calcio di rigore: velocità e impatto. Nessun dubbio, strano anzi che Valeri non se ne sia accorto in diretta data anche l’altezza del piede di Di Marco. Essendo in ritardo, l’esterno interista prende anche la rincorsa: non è in marcatura, ma “lo va a prendere”, attirando su di sé l’attenzione. L’intervento rientra in una casistica piuttosto rara. Non si tratta di chiara occasione da rete (DOGSO), e nemmeno di azione promettente (SPA). C’è da valutare se l’intervento è negligente (nessun provvedimento), imprudente (giallo) o se siamo di fronte ad una “vigoria sproporzionata”.

Il confine tra imprudenza e vigoria sproporzionata è piuttosto labile, il famoso “cartellino arancione” che non ha nessun senso di esistere ma che viene spesso citato. È imprudente – regolamento alla mano – un intervento in cui un calciatore agisce con noncuranza del pericolo o delle conseguenze per l’avversario. Si tratta, invece, di vigoria sproporzionata quando il calciatore eccede nell’uso della forza necessaria e mette in pericolo l’incolumità di un avversario. Nel caso di Dimarco si può affermare che ci troviamo nella seconda distinzione: velocità, impatto e punto di impatto, tacchetti esposti, torsione del ginocchio. Su questo ultimo punto le immagini televisivi sono inequivocabili. Il fallo di Dimarco è da cartellino rosso, e lo sarebbe stato anche se il pallone calciato da Bonaventura fosse finito in rete.