Uno dei primi atti della presidenza Commisso a Firenze fu l'affare che portò Franck Ribery a sposare la causa viola dopo tanti anni da fenomeno al Bayern: fu una vera e propria 'americanata', uno show allestito al 'Franchi' per presentare quello che sarebbe dovuto essere il trascinatore, il valore aggiunto ad una rosa che cercava di cancellare la salvezza-incubo di pochi mesi prima. La storia sarebbe potuta andare diversamente senza quel problema alla caviglia e magari senza quella pandemia che di fatto falsò un po' tutto. Poi l'anagrafe e una direzione del tutto negativa presa dalla direzione tecnica fecero il resto, rendendo Ribery poco più che accessorio e ahilui (ahinoi) non proprio ciò che serviva di più in quel momento.

Ieri invece è arrivato il momento di Dodô, con la firma sul contratto siglata direttamente sul campo del 'Benatti', per quello che è di gran lunga il giocatore più importante arrivato tra i monti della Val di Fassa negli ultimi anni. Ci resterà giusto per queste ultime ore di ritiro ma quel che più conta sono i presupposti con cui la Fiorentina ha preso il brasiliano, non certo per un'operazione suggestiva ma per fare il vero salto di qualità sulla fascia destra difensiva, finalmente con un giocatore di proprietà. E accanto al valore tecnico ben venga anche lo show con il pubblico.


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