Che l’acquisto di Ghezzal fosse una decisione dell’ultimo minuto fu evidente a tutti. Dopo il no di De Paul e anche quello di Raphinha, Pradè virò sull’ex Leicester per occupare la casella di esterno d’attacco. Un colpo per la verità molto simile ad altri del passato, secondo una logica che la Fiorentina ha adottato più volte nel corso della sua storia recente. La maggior parte dei casi, con conseguenze a dir poco deludenti. Se si escludono infatti i discreti Blaszczykowski e Mirallas, in questa particolare tradizione possiamo inserire Toledo, Tello, Gil Dias, Zekhnini e se vogliamo anche Pjaca pur non trattandosi di un esterno vero e proprio. Insomma, tutti acquisti che se non fossero stati fatti probabilmente non sarebbe cambiato nulla, in fatto di contributo apportato da tali giocatori alla squadra. D’altronde in operazioni come queste, ossia prestiti che al 90% non verranno riscattati, l’unica cosa che si richiede è un po’ d’esperienza da mettere al servizio dell’allenatore. Compito che alla fine hanno ricoperto abbastanza bene Blaszczykowski e Mirallas, ma completamente sconosciuto agli altri. Toledo e Zekhnini praticamente mai visti, Tello talentuoso ma vittima di continui alti e bassi. Gil Dias impercettibile tranne rarissime occasioni, e Pjaca semplicemente uno dei più grandi flop degli ultimi anni. Fino ad arrivare, appunto, a Ghezzal che tra lo scarso utilizzo e il rendimento non certo esaltante, si è rivelato un’operazione evitabile, catalogabile con quel “comprare tanto per comprare” che lo stesso Pradè aveva sempre posto come principio da evitare. Insomma, non che Ghezzal abbia fatto danni, ma la sua sorte è ben delineata: tornerà al Leicester senza aver lasciato il minimo segno, e il suo ricordo scomparirà presto dalla mente dei fiorentini. Ma forse questo lo si era già capito a settembre.


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