Le lacrime. Sono queste, prima ancora dei risultati, a raccontare i quasi due anni da allenatore di Stefano Pioli a Firenze. Le lacrime. Quelle dettate dall’emozione quando la Fiorentina lo chiamò per affidargli le chiavi: "Avrei detto di no a tutti ma alla Fiorentina mai – confidò il giorno dell’arrivo – E’ l’unica squadra per cui ho rinunciato ad andare all’estero. C’è un legame forte con questi colori e questa città". Quelle versate nel giorno della scomparsa di Astori, 4 marzo 2018, tragedia che portò l’attuale tecnico del Milan a un passo dal mollare tutto. Quelle mostrate durante i funerali del suo capitano, abbracciando i genitori e la compagna di Davide, aggrappandosi ai propri giocatori, sfilando davanti al muro del pianto eletto dai tifosi sulle cancellate dello stadio. Quelle lasciate andare dopo le vittorie più sofferte o più belle o soffocate per la delusione di aver perso l’Europa per soli tre punti. Quelle che a stento ha trattenuto quando, il 9 aprile 2019, comunicò ai suoi ragazzi che si dimetteva dopo il durissimo comunicato della proprietà, perché la dignità viene davanti a tutto.


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