Il nome dello studio Arup, ovvero quello che ha vinto il concorso internazionale per il rifacimento del Franchi e del quartiere di Campo di Marte, non è affatto nuovo per Firenze e per le cronache relative alla Fiorentina.
Vi ricordate lo stadio che doveva sorgere alla Mercafir e che fu presentato a Palazzo Vecchio con una conferenza stampa congiunta alla presenza del sindaco Nardella e Andrea Della Valle? Ebbene, quell’impianto lì era proprio progettato da quello studio.
Una soluzione e un design molto differente rispetto a quello utilizzato per il Franchi, anche perché, c’è da dirlo, quello sarebbe stato un impianto nuovissimo, costruito da zero. La capienza sarebbe stata in linea con quella dello Juventus Stadium (42 mila spettatori circa).
Di quello stadio c’è ancora il plastico, conservato all’interno del Foyer dell’Artemio Franchi. Giusto quello perché l’iniziativa è morta ancor prima di nascere.

Giusto per rispondere a quelli che non hanno mai sentito nominare Arup, ma sono pronti a giurare che abbia preso bustarelle. Arup (che non è uno studio, ma una società) è una realtà che esiste da 75 anni con sede a Londra, più di 19000 dipendenti e responsabile di più di alcuni tra i progetti più famosi al mondo, come l’Opea House di Sydney, il Marina Bay a Singapore o la Canton Tower in Cina.
Ha una politica interna severissima in fatto di corruzione, tanto da aver in passato abbandonato diversi progetti milionari in giro per il mondo quando vi fosse il dubbio che ci fosse un illecito.
Chiunque pensi abbia ricevuto “bustarelle” lo invito a trovare la bencheminima prova di ciò che dice o farebbe meglio a stare zitto.
Per quanto riguarda la “bellezza” del progetto, questa dipende dalle limitazioni che erano imposte nel bando, che chiedeva solo la realizzazione di una nuova copertura. Visto che aggiungere una copertura troppo grande sarebbe stato impossibile senza rifare da zero l’intera struttura, si è optato per una copertura leggera che non gravasse sulla struttura esistente.
Tornate a dare calci al pallone, che per parlare di ingegneria non basta ascoltare Mughini… bisogna prima studiare