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A TMW Radio, l'ex giocatore e dirigente della Fiorentina Vincenzo Guerini si è raccontato in un'ampia intervista, ricordando anche gli anni passati con la maglia viola, oltre a un emozionante passaggio sull'incidente che gli poteva costare la carriera e la vita. 

L'arrivo a Firenze

"Facevo il militare a Orvieto, da Brescia mi arrivò la telefonata da Bernardini che mi diceva che mi avevano venduto alla Fiorentina. Non ci credevo. Per una cifra sbalorditiva all'epoca. Non avevo mai visto una partita di Serie A dal vivo, e mi catapultarono subito lì. Per fortuna incontrai Antognoni e Roggi, che avevo frequentato con le juniores. Poi incontrai anche Radice, che mi ha fatto esordire e giocare anche titolare. Fatico ancora a crederci oggi a questo. Arrivai alla Fiorentina e capii che dovevo dare tutto me stesso. Quando nell'82 vinsero il Mondiale, ho pianto perché ero felice per questi ragazzi che conoscevo, perché c'ero stato anche io in quel gruppo". 

Il racconto del tragico incidente

Nel novembre 1975 Guerini era stato convocato nella Nazionale Under 23 insieme al compagno di squadra Caso per un'amichevole contro l'Olanda, ma la partita, in programma ad Ascoli Piceno, non si poté disputare per una nevicata. Lasciati liberi, i due calciatori viola, nonostante il maltempo, si misero in viaggio verso Firenze con la Porsche di Guerini. Ormai nei pressi del capoluogo toscano l'auto fu coinvolta in un incidente: "Non ho mai perso conoscenza. Ho avuto molta fortuna, perché ho fatto 70-80 metri in autostrada rotolando, nella corsia opposta, passando davanti a un camion. Poteva finire moto male, ma con la gamba spappolata ho avuto la freddezza di farmi dare la cintura per fermare l'emorragia. La mia paura più grande era che non vedevo più Mimmo Caso, poi meno male che mi hanno detto che stava bene. Mi sentivo in colpa e sono felice che sia andata bene per lui. La mia paura è che mi amputassero la gamba, invece l'hanno salvata con più di 70 giorni di ospedale e 5 operazioni. I medici furono meravigliosi. La Fiorentina poi mi ha trattato come un figlio". 

Il rientro alla Fiorentina

“Avevo 22 anni, ho fatto 7-8 mesi ad allenarmi a bestia perché volevo farcela a tutti i costi, ma per 2-3 mesi facevo allenamenti senza migliorare. Dopo un anno e mezzo, ho deciso di gettare la spugna perché non c'era verso. Forse oggi si poteva fare di più, ma non so, ho dovuto accettare la realtà. E pensavo 'Cosa faccio ora? Torno al paesello e in fabbrica?' Invece la Fiorentina non mi ha abbandonato, mi ha fatto fare il corso allenatore e dato in mano un gruppo di Allievi. C'erano Marco Baroni, Bortolazzi, Landucci, ancora li sento. E ogni anno ci rivediamo”. 


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