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Nel ciclico mondo Fiorentina qualunque personaggio sa, che prima o poi, tornerà sul ‘luogo del delitto’: fuor di metafora, Stefano Pioli riallaccerebbe un filo molto particolare, che avviò di fatto l'ultimissima fase della gestione Della Valle, quella della caduta a precipizio verso (quasi) la B. Non era una squadra da retrocessione quella ma le dimissioni di Pioli fecero saltare il tappo ad un ambiente in ebollizione.

E proprio un collega dimissionario ed un ambiente in ebollizione ritroverebbe con il suo ritorno a Firenze. Da allora però le due entità Pioli e Fiorentina hanno camminato a velocità decisamente diverse: il tecnico ha fatto un salto di qualità anche inatteso, riportando lo Scudetto a Milano e giocando la Champions. La società viola ha arrancato tra una Conference e l'altra, senza mai dare l'idea di star costruendo qualcosa di concreto. 

Occhio quindi a considerare Pioli come l'umile traghettatore di una Fiorentina in dismissione, come era quella del 2017: la realtà oggi racconta un'altra storia. A partire dalle pretese, soprattutto tecniche, che l'allenatore potrà imporre alla società viola: è un po' quanto si raccontava di Gattuso, che poi non a caso, si dimise dopo una ventina di giorni. Stavolta non c'è margine per scherzare o litigare: di teatrini se ne son visti già abbastanza, se Pioli sarà, dovrà essere alle condizioni di Pioli. Il che per l'ambiente viola dovrebbe rappresentare un elemento di garanzia, viste le rinunce milionarie a cui è pronto.

Quello che è sempre mancato e che Pioli vuole aggiungere alla Fiorentina: un tramite tra squadra e dirigenza. E l'idea del tecnico è un suo ex compagno ai tempi di Firenze
La piazza Stefano Pioli la conosce bene, sia da giocatore che da allenatore, ma per inaugurare il suo terzo ciclo a Fire...

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