Trentalange pronto a sperimentare: "Disposti a parlare di Var a chiamata, troppi pregiudizi sugli arbitri. Il nostro sogno..."

Il presidente dell’AIA Alfredo Trentalange, ospite questo pomeriggio di Dribbling su Rai2, ha rilasciato una lunga intervista dove ha toccato alcuni temi: si riparte dalle polemiche nate dopo l’intervista di Orsato a 90° minuto qualche settimana fa, fino ad arrivare al nuovo corso comunicativo dell’Assoarbitri. Queste le sue parole: “Credo che i tempi siano maturi per evitare le polemiche. Il nostro obiettivo è aprire canali di comunicazione, ma bisogna essere in due, con grandissimo rispetto e grandissima attenzione. Le parole sono dei macigni, bisogna cercare ciò che unisce, non ciò che divide. Noi pensiamo che ci sia un pregiudizio nei confronti dell’arbitro, se l’arbitro si fa conoscere come persona possiamo mettere da parte una serie di pregiudizi. E questo ci permette di parlare la stessa lingua in modo semplice e rispettoso. Quando manderà un arbitro a parlare dopo una partita? Dopo l’esperimento Orsato, nato in buona fede, abbiamo visto che gli arbitri sono più bravi ad arbitrare che a comunicare. Penso ci sia bisogno di una formazione in questo senso, ci siamo presi un attimo di ripensamento. Si cresce per didattica e per confronto. Ci credo fermamente, ma bisogna essere preparati. Ci sarà un confronto, ma io penso che con persone di buona volontà si possa fare senza aspettare tempi biblici. Cosa pensa del VAR a chiamata dalla panchina? Non si conosce ciò che non si sperimenta. Quindi siamo pronti a qualsiasi sperimentazione. L’arbitro del futuro deve essere un ricercatore e non un presuntuoso. Ovviamente si cerca di ridurre al massimo questi interventi della VAR, sappiamo benissimo che le persone hanno piacere di vedere lo spettacolo e non un gioco fermo continuamente. Ma francamente ora come ora non sarei in grado di ipotizzare quel che può avvenire. Sarei un presuntuoso, sarebbe un problema dell’IFAB che non mi sento di anticipare.Quanto è difficile arbitrare in uno stadio vuoto? È più complicato, tutte le decisioni vengono amplificate. Magari una parola in più… O anche la soglia del dolore è diversa, può capitare di sentire qualche urlo che non corrisponde all’evento. Tutto viene amplificato e non è semplice o naturale, per questo è più difficile. Quindi il fattore campo non influenza l’arbitro? Beh, l’arbitro è speciale in questo senso. Un calciatore può passare dalla Primavera alla prima squadra, un arbitro si deve fare tutta la trafila dalle categorie inferiori alla Serie A: è preparato da dieci persone, magari dieci genitori, fino ad arrivare a stadi pieni. È preparato, se non si adegua a gestire queste pressioni non ce la fa. Di fatto oggi l’arbitro vive una situazione a cui non è più preparato. Quando un arbitro donna in Serie A? È un sogno che abbiamo. Mi piace pensare che non manchi davvero molto e nel giro di due anni sia possibile".