Rocco Commisso e Joe Barone in tribuna al Franchi. Foto: Vicario/Fiorentinanews.com
Rocco Commisso e Joe Barone in tribuna al Franchi. Foto: Vicario/Fiorentinanews.com

Torniamo per un attimo alla fine di Sassuolo-Fiorentina 1-0 del 6 gennaio, dalle parole del tecnico Vincenzo Italiano: “Eravamo cinque e siamo rimasti in due. Ne abbiamo già parlato, in quella zona di campo (fasce offensive, ndr) dobbiamo fare qualcosa sul mercato, anche per aggiungere caratteristiche diverse”. Facciamo invece un salto a fine mese, post Fiorentina-Inter 0-1 del 28 gennaio, riportando l’unico freddo e tagliente commento dell’allenatore viola sul mercato: “Niente, niente. A posto così”.

Richieste ignorate

Il calciomercato invernale è da poco terminato. La Fiorentina lo chiude con due sole entrate, Davide Faraoni e Andrea Belotti, entrambi in prestito (con diritto di riscatto per il primo). Il terzino ex Verona risponde a una delle esigenze prioritarie segnalate, l’unica sulla quale il club è intervenuto. Il ‘Gallo’ è un tentativo di chance di riscatto, per il calciatore e per il reparto d’attacco viola, entrambi in disperato bisogno di miglioramento. L’operato, tuttavia, è complessivamente insufficiente considerando le esplicite necessità della squadra; a comunicarle è stato proprio Italiano, le cui richieste sono state sostanzialmente ignorate.

Un’opportunità sprecata nel peggiore dei modi

E pensare che alla Fiorentina, in questa stagione, la classifica ha sorriso per tanti turni, presentandole un’opportunità irripetibile: tutte le big a tiro, molte in bilico sul futuro e un mercato che sarebbe potuto essere adeguato a una situazione d’eccezione. Così il club ha scelto di non fare, agendo senza rispettare (forse senza neanche ascoltare) le suppliche, evidenti con largo anticipo già prima dell’apertura del mercato, di un gruppo con discrete basi e un ottimo senso di consapevolezza, ma in palese affanno. La lotta all’Europa è così dirottata su prospettive decisamente meno ambiziose.

La storia Guðmundsson non è nuova

Gli ultimi tre giorni di mercato, tra l’altro, hanno avuto l’unico scossone mediatico, il mancato affare Albert Guðmundsson. Un tira e molla fra domanda del Genoa e offerte vicine della Fiorentina che si è concretizzato con un nulla di fatto. L’accelerazione del grande colpo nelle ultime ore di mercato non è cosa nuova; De Paul, Berardi, Schick e Lo Celso sono gli esempi storici di questo modus operandi negli ultimi cinque anni. Con esito identico.

Il rumore dei fatti

Il filo del discorso si aggroviglia sempre intorno agli stessi nodi. È questione di priorità, di ambizioni, di interesse. Da qui possono nascere programmazione, attenzione nelle scelte e costruzione di un progetto tecnico. Ma quest’ultimo è davvero presente? Domanda piuttosto naturale, di fronte alla sconnessione tra campo e società, tutt’altro che una cosa sola. Ci sono tante parole, come quelle del dg Barone sull’obiettivo Champions League, precipitate nella fantasia di fronte ai fatti, che hanno emesso molto più rumore. E probabilmente rappresentano la reale risposta a quanto promesso. Anche perché di altre risposte, fino a questo momento, non ce ne sono.

E adesso parola al campo, finalmente, nonostante un mese di calo drastico dell’entusiasmo. Sarà il rettangolo verde il giudice primo, come d’altronde lo è sempre stato. E racconterà un finale di stagione tra obiettivi pesanti e speranze (momentaneamente) affievolite. Oltre a un senso di improvvisazione palpabile e un senso di responsabilità, questo no, ancora inavvertito. Perché è sempre questione d'interesse.

Il mercato che distrugge le ambizioni della Fiorentina, oggi come nel 2016. Firenze non perdonò i Della Valle: cosa farà con Commisso?
Il paragone, purtroppo, è inevitabile. Lo temevamo tutti e, adesso che il mercato invernale ha chiuso i battenti, si pr...

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