Dieci giorni, solo dieci giorni sono trascorsi dalla domenica nella quale l’attesa per una partita di calcio si è trasformata in ansia e poi in dramma. Sembra passato un secolo. Chissà se la pausa del campionato è stata un bene per la Fiorentina, un aiuto a sopportare lo shock della scomparsa di Joe Barone, oppure sarebbe stato meglio scendere in campo quanto prima per esorcizzare il dolore. 

E' il momento della reazione

Ora, però, è il momento della necessaria reazione. E, senza nulla togliere alla buona volontà di coloro che sono stati chiamati a sostituire il ruolo del direttore generale, la reazione non può che passare dalla squadra. Come avvenne dopo la tragica morte di Astori. Certo, tutta la società viola è chiamata a riprendere il cammino dopo la brusca fermata, ma nel calcio il primo responso è sempre quello del campo.

Una partita è un gioco, ma anche un lavoro, un impegno nei confronti dell’allenatore, del presidente, dei tifosi. Sabato sera, quando i viola entreranno al Franchi, poi negli spogliatoi, infine sul terreno di gioco, dovranno offrire una prova di maturità. E’ facile immaginare che niente sarà uguale a dieci giorni prima. Rituali, gesti scaramantici, abitudini sicuramente stravolte per sempre dall’evento luttuoso.

L'avversario più pericoloso non avrà la maglia del Milan…

L’avversario più pericoloso non avrà la maglia rossonera del Milan: sarà l’atmosfera creata dal ricordo, dal minuto di silenzio che toccherà personalmente ogni atleta in maglia viola, ogni uomo in maglia viola. Non sarà facile giocare col peso sul cuore e se la Fiorentina dovesse sbandare, stavolta, ci sarebbe una giustificazione comprensibile.

The show must go on: come è accaduto dopo le morti di Melloni, Baretti, Cecchi Gori, Astori. Sarà ancora così.

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