Vincenzo Italiano e Rocco Commisso. Foto: Vicario/Fiorentinanews.com
Vincenzo Italiano e Rocco Commisso. Foto: Vicario/Fiorentinanews.com

Non solo la semifinale di ritorno di Coppa Italia contro l'Atalanta, ma tutta la seconda parte di stagione fatta dalla Fiorentina ci inducono ad una serie di riflessioni, anche di diverso genere. 

La gestione delle partite

C'è un primo capitolo fondamentale chiamato gestione delle partite. In questo senso è vero che la squadra e il tecnico Italiano non hanno imparato niente da quanto avvenuto in passato, perché le situazioni e i gol subiti continuano a ripetersi. Fino a giungere a quello incredibile (riferimento al 3-1 ovvio) subito contro i nerazzurri. L'abbiamo già scritto nelle pagelle della sfida e ci ripetiamo: prendere una rete così è roba da non credere, dalla scelta di andare tutti avanti, al mancato fallo tattico in ripartenza, fino a farsi trovare in netta inferiorità numerica nella metà campo viola, partendo già da una situazione di dieci contro undici. 

E' la nostra filosofia di gioco e non la cambiamo, perché ci divertiamo in campo e facciamo divertire”. Con queste parole il capitano Biraghi ha scelto di sottolineare quanto accaduto. Piccolo particolare: qui si fa sport ad alto livello, non filosofia. Se a questa frase aggiungiamo un altro concetto, passateci il termine, sconcertante come “era giusto provarci per evitare l'agonia dei supplementari” (citazione di Italiano) resta una sensazione di sconforto ancora più grande dell'eliminazione stessa. 

Una differenza di rosa innegabile

Ma c'è anche un secondo capitolo e una seconda verità che è innegabile. Purtroppo l'Atalanta, come rosa, è molto superiore alla Fiorentina. Scamacca, Lookman, De Ketelaere, Mirančuk, Tourè, ai quali contrapponiamo Kouame che segna 3 gol l'anno, Belotti, una rete, Sottil e Ikone che vanno a segno col contagocce, Nzola desaparecido, Gonzalez e Beltran. Capite che bastano solo questi nomi per far pendere la bilancia dalla parte nerazzurra. E non stiamo a mettere in mezzo anche Koopmeiners, Ederson, Pasalic, Carnesecchi perché tanto sarebbe solo tempo perso. 

Il diritto di chiedere qualcosa di più e di meglio

La sostanza è che da una parte c'è una società che ha lavorato e tanto per mettere insieme una squadra con dei valori tecnici altissimi, mentre dall'altra si continua ad andare avanti sperando in miracoli, scommesse, resurrezioni che purtroppo non avvengono. Basti pensare per esempio alla questione centravanti: sono anni che si va avanti a tentoni senza risolvere il problema aperto con la sanguinosa (per tempistiche) cessione di Vlahovic. Risorse economiche simili, valori tecnici molto diversi: non bisogna accontentarsi sempre di quello che passa il convento. Talvolta c'è anche il giusto diritto di chiedere qualcosa di più

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