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A Firenze sembra non esserci mai pace. E non parlo della classica turbolenza che accompagna le stagioni difficili o i momenti di transizione. Qui siamo di fronte all’ennesimo cortocircuito societario, a una scelta che ha il sapore dell’improvvisazione e dell’autolesionismo. 

Petrachi in arrivo?

Il possibile arrivo di Gianluca Petrachi come nuovo direttore sportivo della Fiorentina è l’ultima puntata di un film che, da tempo, ha perso logica e credibilità. Non si tratta di una questione personale, né di antipatie verso il dirigente in sé — ma di tempi, di modi e di coerenza. 

Petrachi, se confermato, arriverebbe nel momento più delicato degli ultimi anni, quando la piazza è disorientata, arrabbiata, con una squadra che si sta allenando senza allenatore, e con un allenatore che ancora non ha accettato di andarsene. La squadra è senza identità e la società nel caos più totale. Un innesto fatto così, di corsa, senza un progetto chiaro e con un Pradè che — incredibilmente — avrebbe avuto voce in capitolo pur essendosi dimesso da poche ore, è qualcosa che sfiora lo scandalo. Perché a Firenze, ancora una volta, si confonde il rispetto con la rassegnazione, e si continua a credere che i tifosi siano pronti ad accettare tutto in silenzio, ma ieri si è registrata la prima vera contestazione dell’era Commisso.

Qui si fa la storia Viola

La verità è che qui non si sta semplicemente scegliendo un nuovo dirigente: si sta tracciando il futuro della Fiorentina, si sta scrivendo un pezzo di storia. E lo si sta facendo nel modo peggiore possibile, tra voci di corridoio, decisioni calate dall’alto e mancanza totale di trasparenza. Chi ama davvero questa maglia non può restare indifferente davanti a una gestione così caotica, così lontana dallo spirito e dai valori che la città pretende.
Pradè si è dimesso? Bene. Allora che resti un ex. Perché se è vero, come trapela, che stia ancora consigliando la società nella scelta del suo successore, siamo di fronte a una farsa. È come se un allenatore appena esonerato decidesse chi lo sostituisce: un paradosso che solo a Firenze sembra possibile. E la cosa ancora più grave è che la dirigenza lo permetta, come se nulla fosse, senza rendersi conto del messaggio devastante che manda all’ambiente.

Il nome da prendere

Qui non si tratta più solo di sbagliare un nome, ma di perseverare nella confusione. Dopo anni di promesse tradite, di progetti a metà e di cambiamenti annunciati e mai compiuti, la pazienza dei tifosi è finita. Serve una rifondazione vera, serve pulizia. Non si può continuare a vivacchiare, a tappare buchi, a nominare dirigenti come si cambia una lampadina, senza visione né prospettiva.

Chi siede oggi nelle stanze del potere viola dovrebbe rendersi conto che il futuro della Fiorentina si gioca adesso, non tra sei mesi. Ogni scelta, in questi giorni, peserà come un macigno. Ogni passo falso, ogni nomina improvvisata, ogni compromesso scellerato si pagherà con gli interessi. Perché a forza di sbagliare uomini, tempi e strategie, il rischio è di buttare via tutto ciò che resta di una storia gloriosa, quella che merita rispetto e non improvvisazione nell’anno, lo ricordiamo sommessamente, del centenario della Fiorentina. A Firenze si è sempre detto che “la maglia viene prima di tutto”. Bene, allora la si difenda davvero.
Non con proclami, non con i soliti giri di parole, ma con scelte coraggiose, limpide, coerenti. Petrachi alla Fiorentina, un dirigente che ovunque è andato ha lasciato strascichi di polemiche e scontri, non ultimi anche con la stampa, in questo momento, è esattamente l’opposto di quello che ci serve.
È l’emblema di una società che non impara mai, che preferisce arrangiarsi invece di programmare, che confonde il movimento con il progresso. E la cosa più triste è che ormai sembra quasi normale.

Ma non lo è.
Non lo sarà mai.
Non per chi ha a cuore la Fiorentina.


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