Entrati ormai nella vita di molte persone, i palloni da calcio nascondono una storia che si sviluppa seguendo innovazione tecnologica e conoscenza artigianale, in un mondo sempre più connesso e diversificato.

Per iniziare


Le origini e il desiderio di giocare e sfruttare il più possibile una sfera allo scopo di divertirsi e competere affonda in un passato fatto di pelli avvolte, rudimentali sfere elastiche o altro materiale capace di avvicinarsi alla perfezione della sfera circolare che rotola sui campi di calcio calciata da professionisti o semplici appassionati. 

Ci sono testimonianze e documenti risalenti alla dinastia Ts’in e Han che confermano la passione per i regnanti del tempo per un passatempo di simil fattura. Egizi, Greci e Romani, così come le popolazioni precolombiane sfruttarono la palla per motivi ludici e per scopi di carattere religioso e ritualistico. Nel Medioevo c’era l’usanza in alcuni paesi di gonfiare e sfruttare la vescica dei maiali così da utilizzarla in rudimentali partite e scontri, avvolgendo il tutto con delle strisce di pelle, così da migliorare la scorrevolezza della “sfera” a terra o in aria.

Il vero salto di qualità avvenne però grazie al buon Charles Goodyear. Chimico autodidatta e ingegnere geniale, a lui va il merito della scoperta del processo di vulcanizzazione della gomma. Brevettata la sua scoperta nel 1844, con il numero 3.633 presso l’Ufficio Brevetti degli Stati Uniti, diede il via a una vera e propria rivoluzione nel mondo dei trasporti, delle calzature e anche dei palloni da calcio. Nel 1855 progettò la prima sfera da calcio in gomma vulcanizzata, di cui si trova ancora un esemplare nel National Soccer Hall of Fame a Oneonta, nello stato di New York.

Questa prima prova era realizzati con pannelli in gomma vulcanizzata, incollati alle cuciture, con una forma che si avvicina più a quella di un pallone da basket che a uno da calcio. Sarà per questo che una delle prime partite di basket della storia fu giocata con un pallone da calcio!

Altre innovazioni


Se il nome di Goodyear può risultare noto a quanti hanno cambiato almeno una volta le gomme di una macchina o frequentano i circuiti automobilistici, quello di H.J. Lindon potrebbe invece suonare alquanto misterioso. A lui però si deve la scoperta (1962) e la realizzazione di una camera d’aria in gomma completamente gonfiabile per i palloni da calcio. Scoperta di grande utilità visto che in questo modo la sfera manteneva in qualsiasi condizione atmosferica, sia con il caldo torrido delle strade assolate o sui campi di pallone inglesi, la sua forma circolare.

Il salto qualitativo fu sostanziale, visto che prima al posto della gomma si utilizzavano vesciche dei maiali per riempire e dare alla palla la sua forma. Tra l’altro gonfiare questo tipo di sfere sembra fosse anche deleterio per la salute, motivo per cui si scelse di passare alla più efficace camera d’aria in gomma. 

Circa un secolo dopo si legge nell Encyclopedia of Association Football, pubblicata in Inghilterra, che la palla da calcio deve essere perfettamente sferica, con un rivestimento in cuoio o in un altro materiale approvato. La circonferenza non deve essere superiore ai 71,12 cm e il peso deve mantenersi entro un limite massimo di 453 g. Tali misure sono state confermate anche nello statuto ufficiale del 2001. A cambiare nel corso del tempo è stato il materiale di cui è fatta la sfera e la forma dei pannelli che la compongono.

La scelta del cuoio


C’è molto artigianato nel senso più alto del termine a intervenire in maniera considerevole nel salto di qualità effettuato in fase realizzativa. La fine dell’Ottocento segna un passaggio importante nella prima grande produzione di massa dei palloni da calcio. In questo caso stava all’abilità di chi tagliava la pelle e alla maestria di chi chi la cuciva intorno alla camera d’aria, se la sfera manteneva la sua forma, riuscendo anche a resistere ai colpi dei giocatori. 

Una delle tecniche che si utilizzarono più di frequente consisteva nella cucitura delle zone e strisce con il cuoio rigirato. Una volta completato il lavoro, la sfera veniva girata dalla parte opposta così che le cuciture si trovavano internamente. L’aggiunta di una valvola in punto ben preciso consentiva poi di gonfiare la sfera, avvenimento che nei primi del Novecento era all’ordine del giorno, quando non anche durante una partita.

Gli effetti negativi si manifestavano principalmente durante una giornata di pioggia. La pelle infatti tendeva ad assorbire l’acqua, appesantendo il tutto in maniera spropositata. Colpire poi la palla di testa era mediamente rischioso, visto lo spessore di certe cuciture e la durezza del cuoio. 

Negli anni Cinquanta cominciarono anche a vedersi le prime sfere di colore bianco, facilmente identificabili con l’avvento dei riflettori intorno al campo e durante gli incontri professionali. Discorso simile anche per le prime sfere di color arancione, particolarmente usate con la neve in campo. 

Bisognerà aspettare la fine degli anni Ottanta perché le prime sfere in cuoio sintetico facciano definitivamente il loro ingresso nei campi da gioco di tutto il mondo. Ad oggi molto è cambiato anche e soprattutto sul fronte della leggerezza e manovrabilità della sfera. L’offerta di palloni professionali si è poi adeguata anche alle tante varianti di calcio giocato, così da soddisfare nel migliore dei modi le tante esigenze dei giocatori.

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