Nella partita contro la Lazio si è rivista, dopo un po’ di mesi, una Fiorentina con una veste diversa dal 4-2-3-1. La scelta di cambiare, che inizialmente aveva premiato nei mesi di ottobre e novembre, è stata accantonata per ripiegare sul modulo di fiducia di Italiano, quello che lo ha sempre accompagnato nelle sue precedenti esperienze.

Il 4-3-3, che tanto bene aveva funzionato nella passata stagione, è stato riproposto con due mezze ali – è proprio il caso di sottolineare lo spazio fra le due parole – che aiutassero non soltanto Amrabat nei compiti di impostazione, ma anche a legare meglio col reparto avanzato. Bonaventura e Barak, due dei migliori in campo a Roma, si sono dati da fare ripiegando spesso all’altezza dei terzini (il numero 5 anche fra i due centrali) per prendere quei palloni scomodi che non riuscivano a uscire fuori.

Bonaventura, in particolare, ha ammorbidito gli onerosi doveri di Amrabat, totalmente incapace di un’impostazione dal basso celere e precisa. Dal punto di vista offensivo, tuttavia, le cose non sono granché migliorate: quello della Fiorentina resta un serio problema centravanti che solo il mercato poteva (e doveva) aggiustare. Anche nell’ultima sfida, sono state infatti pochissime le reali occasioni da gol, con alcune poi non concretizzate da chi vi si era ritrovato nel mezzo.

Contro il Torino è probabile quindi che venga riproposta questa impostazione tattica, piuttosto che un modulo più verticale ma dove il fulcro del gioco viene abbandonato a sé stesso. Con il reintegro di Mandragora, Italiano avrà una pedina aggiuntiva da schierare al fianco di Amrabat, mai così in difficoltà (in questa stagione) al punto di dover richiedere un palleggiatore ai suoi lati.

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