Non c'è dubbio che il feeling professionale tra Rocco Commisso e Daniele Pradè sia tra quelli più profondi scattati in questi due anni di nuova presidenza viola. D'altronde il ds romano è stato il primo dirigente accolto al momento dell'arrivo nel giugno 2019, chiamato a rievocare i fasti del triennio 2012-2015, prima che l'era Della Valle optasse per il definitivo declino. Pradè c'era anche allora ma partecipò solo alla genesi dell'apocalisse, per così dire, lasciando poi il timone al Corvino 2.0.

Il suo invece di 2.0 non è che sia andato alla grandissima, per usare un eufemismo: tanti soldi spesi, molti su giocatori poi rivenduti quasi subito, altri su elementi del tutto astrusi al sistema di gioco (quale?) della Fiorentina di Montella prima e Iachini e Prandelli poi. Poche idee ma confuse in sostanza e le due lotte per retrocedere, a posteriori, sorprendono fino a un certo punto considerato che nel gruppo poi è rimasto anche chi magari avrebbe preferito migrare altrove già da tempo.

Da lui però la Fiorentina non si separerà, rinnovandogli il contratto per il suo terzo mandato: una scelta che va in direzione della continuità umana e che forse lascia da parte quella meritocrazia tanto sbandierata da Rocco Commisso. Sulle scelte di campo almeno, tutti questi meriti non si son visti ma c'è anche da dire che in suo supporto è arrivato Burdisso e che magari, per il presidente i criteri di giudizio si orientano altrove. All'estate 2021 una ulteriore risposta.


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