Lunga intervista di Roberto Baggio, ex giocatore anche della Fiorentina, al Venerdì de La Repubblica in vista dell'uscita del film 'Il Divin Codino' su Netflix. Queste le sue parole: "Addio al calcio? Lasciare mi ha ridato vita e ossigeno, stavo soffocando, troppo male, dolore fisico. Quando da Brescia rientravo a casa, non riuscivo ad uscire dall’auto, chiamavo Andreina, mia moglie, che mi aiutava ad aggrapparmi al tetto e poi a far passare il corpo. Ho sempre saputo che il calcio aveva una fine. La gente si stupisce: come, non metti più gli scarpini, non ti viene voglia? No, e allora? Bisogna che ci mettiamo d’accordo: quelli che senza pallone si sentono appagati e felici sono dei falliti?".

Continua così Baggio: "Ero accusato di non essere un leader, ma se devi sbraitare per far finta di comandare, grazie no. Non saltavo gli allenamenti, non andavo in discoteca, né alle feste, eppure i nostri ritiri erano noiosi, solo carte e ping-pong, altro che tablet e playstation, sarei contento se chi mi criticava chiedesse oggi ai miei ex compagni che cosa pensano di me. Va di moda dire: in questo calcio non sarei competitivo. Falso, lo sarei molto di più, perché ora gli attaccanti sono molto più protetti, prima di difensori miravano alle gambe, prendevi anche pugni e gomitate in faccia, le entrate da dietro non erano sanzionate. E sono per la Var, almeno c’è una regola, brutale forse, ma c’è".

E ancora: "La riconoscenza l’ho provata per una città che mi ha aspettato per due anni, anzi tre. Quando io ero rotto, con le ginocchia sfasciate, la città mi ha coccolato e rispettato. Non solo. Una volta torno alle tre di notte da Cesena, dove avevo segnato due gol con la Nazionale, e il viale che porta da me è pieno di gente che vuole festeggiarmi. Come fai a dimenticarti una cosa così?".


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