Nella seconda parte di intervista a Sport Week, l'attaccante viola Patrick Cutrone ripercorre anche le prima fasi della sua ancor breve carriera e il suo esordio, sotto la guida di Montella: "Mi ritengo fortunato: faccio la cosa - non riesco a chiamarlo lavoro - che amo di più al mondo. Uno può pensare alla noia degli alberghi e dei ritiri, ma anche questo è il bello del calcio. Ne sono innamorato pazzo. Rimpianto studio? Studiare, ho studiato. Ho preso il diploma allo Scientifico. I miei hanno battuto molto sulla necessità che avessi un pezzo di carta. Al momento pensi 'che palle', poi capisci che hanno ragione. Non è bello far vedere che non hai una cultura, non sei in grado di dire due parole. Il mio primo pallone? Me lo ricorda mia nonna, che mi portava al parco a giocare. Mi racconta che quella palla era più grande di me, ma che io non avevo paura di calciarla. Chi era il mio idolo? Non ne avevo uno in particolare. Mi piaceva un sacco Van Persie, fenomenale. Poi Drogba, Inzaghi... Di Van Basten ho visto i video, perché me ne avevano parlato tanto. L'arrivo al Milan a 8 anni? Quel giorno eravamo tantissimi. Alla fine mi dissero 'ti richiameremo sicuramente', invece non seppi più nulla. Feci un provino al Monza, e quella soluzione mi stava bene. Ma quando arrivò la chiamata del Milan non ci pensai un attimo. Al provino segnai quattro gol: bastarono. In realtà mi avevano già scelto. Esordio in Serie A? Era l'ultima di campionato contro il Bologna, in casa. Era da un po' che aspettavo di esordire. Sul 2-0 ho iniziato a sperare, ma mister Montella non mi faceva scaldare. Quando mancava poco alla fine mi disse: 'Vai preparati'. Mi sono emozionato un sacco, non vedevo l'ora di entrare e spaccare il mondo. Iniziai a correre su e già lungo la linea laterale, avrò fatto 6 chilometri in dieci secondi. Giocavo finalmente nello stadio dei miei sogni, con tutta quella gente che mi guardava".


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