Se non fosse per la relativa importanza che aveva la partita di ieri, immersa in un campionato con pochi acuti, del signor Fabbri ce ne ricorderemmo per un bel pezzo. Un po' come accade con un suo degno collega, il norvegese Ovrebo: stesso parrucchiere e stesso metodo scientifico. Sinceramente di errori se ne vedono un po' ovunque e la stessa Fiorentina aveva un conto più o meno in parità con la classe arbitrale fino a ieri sera. Ma la scientificità con cui è voluto passare agli annali il signor Fabbri di Ravenna è davvero rara, al punto da scomodare un vero e proprio guru del "mestiere" come il fischietto norvegese, protagonista di quel maledetto Bayern-Fiorentina del 2010, erano gli ottavi di Champions League.

Il piede a martello (graziato) di Klose su Felipe come quello di Radu su Badelj, lo scandalo del rigore su Caicedo ai livelli del fuorigioco dello stesso Klose sul gol del 2-1. Con l'aggravante però che ieri sera l'arbitro aveva anche la Var a supporto ma, con un protagonismo e una supponenza tutti classici della sua casta intoccabile, ha ritenuto opportuno non macchiare le sue decisioni "naturali" con una tecnologia che altrimenti lo avrebbe costretto a correggersi. E poi il mancato doppio giallo per Parolo, il rosso non dato a Bastos nel primo tempo e poi la lampadina che si accende improvvisamente quando c'è da cacciare dal campo un ingenuo Vlahovic. Una direzione memorabile che forse il sig. Fabbri porterà con sé orgoglioso ma che noi, con un po' di fortuna potremo dimenticare, a differenza di quanto accaduto con il suo omologo norvegese.


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