Una situazione divenuta insostenibile, il colpo di grazia degli striscioni. Così Pradè ha detto addio a Firenze
La notizia del giorno in casa Fiorentina non può che essere quella delle dimissioni di Daniele Pradè, che lascia il ruolo di DS viola, dopo 10 anni spalmati su due periodi temporali, intervallati da esperienze a Udine e Genova (sponda Doria). Tuttavia, non si può certo parlare di una doccia fredda: piuttosto, quello arrivato oggi altro non è che un colpo di grazia all'artefice e massimo rappresentante di un periodo a dir poco buio e controverso della storia della Fiorentina, sia per i risultati ottenuti in campo, che per tutto ciò che concerne le scelte societarie.
Il Pradè-bis mai decollato
Come detto, Pradè era tornato alla corte fiorentina nel 2019, dopo il periodo tra il 2012 e il 2016, dove il nuovo presidente Commisso ha scelto lui come direttore sportivo: tuttavia, anche la seconda esperienza ha portato risultati veramente magri, specialmente se rapportati alla quantità di capitale investito sul mercato: i famosi 92 milioni spesi quest’anno, se soppesati oggi dando un occhio alla classifica, fanno sollevare più di qualche interrogativo. Nel corso della sua seconda esperienza, infatti, la Fiorentina non è mai veramente riuscita a fare il salto di qualità, passando da un periodo di tredicesimi e decimi posti, a un regolare coinvolgimento nella minore delle coppe europee, quali la Conference: che non passi, però, come una conquista. Piuttosto, un lampante segnale di una situazione stagnante.
Un ambiente esasperato
È anche per questo motivo che non stupisce l’ennesima – stavolta riuscita – contestazione del tifo organizzato viola. Nella notte, infatti, sono spuntati almeno quattro striscioni diversi, tutti dal contenuto fortemente polemico verso la società e lo stesso Pradè, disseminati per Firenze in avvicinamento a una delle partite più importanti della stagione della Fiorentina, che inevitabilmente segnerà l’andazzo di ciò che rimane di questa annata calcistica viola. Un ambiente esasperato ed esacerbato dalla sopracitata stagnazione, lo stesso che, a fine della scorsa stagione, aveva già consigliato a Pradè quale fosse il percorso prediletto, visto che tutte le strade portano a Roma.
Un epilogo quasi scontato
Gli striscioni di stamani, come detto, sono solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso pieno di delusione, rabbia e malcontento: ecco perché l’epilogo non è una sorpresa, piuttosto l’unica soluzione plausibile dopo mesi e mesi di polemica. Rimbombano lontane le parole di Pradè che, arrivato a un punto di non-ritorno nel rapporto conflittuale con Palladino, portarono alle dimissioni di quest’ultimo. Con Pioli, il paradigma era invece cambiato totalmente: il Pradè che si presentava in conferenza, appurata una situazione di classifica senza precedenti da quando è tornato a Firenze, appariva quasi rassegnato all’inevitabile destino che lo avrebbe atteso oggi. Le dimissioni ufficiali sono odierne, certo, ma l’ormai ex diesse viola aveva già fatto diversi mea culpa ai microfoni, parlando anche di vita o morte, alla stregua di un gladiatore romano che attende il suo destino nell’arena, riguardo alla sfida contro il Lecce. Per lui, ora lo sappiamo, il pollice si è rivelato verso.



