Cambiare così tanto nuoce al gioco: un reparto rifondato più volte alla ricerca della stabilità

Perché con Palladino prima e con Pioli poi la Fiorentina non ha saputo trovare un’identità di gioco? I motivi possono essere molteplici e di diversa natura, ma per quanto riguarda il lato calcistico della gestione delle cose, emerge fuori un neo molto preoccupante in una zona nevralgica del rettangolo di gioco, che la squadra di Commisso non ha mai saputo cementificare.
Quattordici volti diversi
Si parla, ovviamente, del centrocampo: nelle ultime tre stagioni sono passati da Firenze non solo 3 allenatori, ma anche 14 centrocampisti diversi – senza contare i trequartisti come Barak, Colpani, Castrovilli e via dicendo - tra gli addetti ai lavori. E ne figura solo uno in tutte e tre le ultime stagioni, vale a dire Mandragora: spesso bistrattato e considerato un uomo ‘da rotazione’, è lui l’unica figura presente con costanza nella storia recente del centrocampo viola, e non deve quindi stupire se è spesso lui a togliere le proverbiali castagne dal fuoco, come già visto anche in questa stagione.
La (duplice) svendita estiva
Italiano ha portato a Firenze il suo 4-2-3-1 fatto di pressing alto e intensità, e nella sua ultima stagione ha avuto a disposizione Mandragora, Arthur, Bonaventura, Maxime Lopez e Duncan. Fatta eccezione per il primo della lista, tutt’oggi presente, gli altri 4 sono andati via proprio al termine di quella stagione, dando quindi il via a un processo di rifondazione che ha portato a Firenze Palladino, e ben sette centrocampisti a sostituire i partenti: questi sono Adli, Cataldi, Bove, Folorunsho, Richardson, Ndour e Fagioli, che hanno quindi dovuto prendere in mano un reparto completamente ristrutturato. Se ci mettiamo poi che Palladino ha iniziato la stagione difendendo a 4, cambiando poi a febbraio in un 3-4-2-1, allora la confusione tattica è presto giustificata.
E adesso?
Oggi, arrivati alla sesta giornata di Serie A, Pioli ha già cambiato tre moduli: abbiamo visto la difesa a 3 con due punte, con una punta supportata da due trequartisti, e addirittura un 4-4-2 visto ad esempio contro il Como, tutte con scarso successo. E a centrocampo, naturalmente, l’ennesimo rifrullo di giocatori: fuori Adli, Cataldi, Folorunsho e lo sfortunato Bove, dentro Sohm e Nicolussi Caviglia, e via all’ennesimo gioco delle sedie che ha portato a innumerevoli esperimenti, il più dei quali falliti – vedasi Fagioli regista -. Viene da pensare, allora, se mettere meno (ma meglio!) le mani su un reparto così fondamentale e centrale nell’economia di una rosa, possa facilitare la buona riuscita di un determinato stile di gioco e la tanto agognata costruzione di ciò che più manca alla Fiorentina: un’identità.