"Dai banchi di scuola al campo di calcio, la determinazione come lezione di vita. Io e Pietro la coppia 'dei tedeschi' nella piccola impresa Comuzzo. E ora lui gioca per la mamma". Il racconto di Sara
“Pietro ha i paraocchi per i suoi obiettivi e fa tutto il necessario per arrivare al traguardo. Lo vedete magari duro in campo, ma è un ragazzo buonissimo, dal cuore grande, così come suo gemello Francesco”. Per lei è semplicemente Pietro, e non potrebbe essere altrimenti. È iniziata così la nostra chiacchierata con Sara Comuzzo, sorella maggiore del difensore viola, che ci ha raccontato suo fratello, tra passato e presente, aneddoti e famiglia del ragazzo che ha stupito tutti. In pochi mesi si è preso la maglia da titolare nella Fiorentina e nel giro di qualche settimana è passato dalla convocazione nella Nazionale U20 alla Nazionale Maggiore di Spalletti.
Orgoglio fraterno
La voce di Sara trasmette tutto l'orgoglio per i traguardi del fratello, ma la consapevolezza e la mentalità è rimasta quella di sempre, quella che i genitori hanno trasmesso fin da piccoli a loro e a Francesco (gemello di Pietro) ed Anna (la sorella maggiore): “Siamo una normalissima famiglia cresciuta in Friuli – racconta Sara – e i valori che ci hanno insegnato i nostri sono quelli del tenere il profilo basso e del lavorare duro. Mio padre ce l’ha sempre detto: ‘Prima o poi qualcuno si accorgerà del vostro valore’. Ora in tanti si stanno accorgendo del talento di Pietro e questo ci può solo far piacere. Noi in famiglia siamo come una piccola impresa. Però sì – Sara ci tiene a ribadirlo – siamo le persone più normali di questa terra. Se ci vedi al mercato siamo noi: una famiglia come tante che ha avuto qualche piccolo incidente di percorso, con la fortuna di avere con sé un ragazzo genuino e forte a giocare a calcio”.
Dritto al punto, dentro e fuori dal campo. Inglese? No problem, c'è una maestra speciale
Sara ha 23 anni e ha fatto il master di broadcast journalism a Londra, dove tuttora vive e lavora in un’agenzia di marketing. Di giornalismo inevitabilmente se ne intende e con Pietro ai primi approcci con il mondo dei media, le chiediamo un bilancio sulle prime interviste: “Si pone bene – spiega decisa Sara - poi come lo vedete e come è sempre stato. È un ragazzo asciutto, che arriva al punto. Quando leggo le sue dichiarazioni rimango sempre un po’ stupita, gli chiedo se alla Fiorentina è stato aiutato da qualche esperto in comunicazione in questo aspetto. Pietro è sempre stato un ragazzo che come gioca come parla. Anche se gliel’ho detto più volte: ‘Ti esprimi meglio con il pallone che a parole’”.
Lei a Londra, lui a Firenze e l’attesa della prima intervista internazionale, con Sara che ci confessa come provi, ogni tanto, a stuzzicarlo: “Aspetto la sua prima intervista in inglese, e lì (ride ndr)… Prima di iniziare la conferenza stampa in Conference era preoccupato per le domande dei giornalisti stranieri. Cerco di abituarlo: ogni tanto gli scrivo qualcosa in inglese, anche se lui mi risponde ancora in italiano. Ma c’è sicuramente tempo per fare progressi”.
Dai banchi di scuola al pallone, quando la determinazione è una questione di famiglia
Progressi che comunque Pietro si porta dietro già dalla sua esperienza scolastica. Sempre eccellenti, come il resto dei fratelli, e una sorta di competizione che accomunava, e tuttora accomuna, Pietro a Sara. “In famiglia siamo in quattro - spiega la ragazza - e in tutto quello che facevamo, i nostri volevano che eccellessimo. Prima c’era la scuola, poi c’era la pallavolo per me e mia sorella e il calcio per i gemelli. Per questo per noi il rendimento scolastico è sempre stato al primo posto, altrimenti rischiavamo di giocarci il divertimento sportivo. Devo dire che io e Pietro, che ci distinguiamo dagli altri due per i capelli rossi e siamo “i tedeschi”, se non arriviamo primi e non siamo il top di gamma non siamo contenti. C’è sempre stata una sana competizione tra di noi. Pietro è uscito benissimo dal liceo, anche Francesco, siamo stati sempre tutti eccellenti. I nostri genitori non si sono mai lamentati sotto questo aspetto perché ci tenevamo tanto, sia noi che loro. Poi Pietro è diventato fortissimo a calcio, ma all’inizio al primo posto c’era la scuola”.
Fino ad arrivare all’inizio di questa stagione, ma Pietro ha già fatto una promessa al padre. Racconta Sara: “A inizio anno Pietro ha parlato con Palladino e ha capito che poteva essere il momento giusto per lui. Per questo insieme a nostro padre ha deciso di mettere in stand by gli studi universitari, ma so che c’è la promessa di iniziare in futuro l’università così come ha fatto Francesco”.
La coppia dei tedeschi
Soldato, mastino… Di soprannomi a Comuzzo ne hanno dati in questo inizio di stagione. “Tedesco” effettivamente ci mancava: “Pietro ha sempre avuto in sé questo rigore e la schiena dritta – dice Sara - e anche per questa cosa che ci accomuna, oltre ai capelli rossi, noi siamo “i tedeschi” di famiglia. Mi ricordo che lui si allenava fisso, su e giù con questo pallone. E ora è un ragazzo che anche fisicamente… Mamma mia! Io me lo ricordo piccolo, ora ha una stazza impressionante. Da sorella maggiore, insieme ad Anna, ci prendiamo i meriti della maturità sua e di Francesco, visto che sono cresciuti a stretto contatto con noi 24 ore al giorno, fino ai 14 anni. Non li reputo ragazzi del 2005, ma praticamente miei coetanei (Sara è nata nel 2001 ndr). Non ho mai sentito una grande differenza di età tra me e loro. Pietro ha la testa sulle spalle, è cresciuto molto in fretta e il fatto di vivere da solo lo ha formato ancora di più. Per lui e Francesco avrò sempre e solo parole ottime e di stima, sono uomini con la U maiuscola”.
Tutto all’improvviso
Dalla Primavera alla prima squadra, dall’Under 20 azzurra alla Nazionale Maggiore. “Incredibile. Io non so ancora bene come spiegare cosa è successo” racconta Sara, che svela anche la reazione del fratello alla convocazione di Spalletti: “Era venerdì scorso e uscita dall’ufficio il mio cellulare è iniziato ad esplodere di messaggi. Mi ha scritto gente che non sentivo da anni. E così ho scritto a Pietro stupita, perché non ci aveva avvertito. Lui mi risponde: “Ma guarda che l’ho scoperto anche io adesso insieme a voi”. La mia reazione è stata tipo: ma in che senso? È stata un’emozione bellissima. Ma non tanto per la fama, perché ripeto, rimaniamo una famiglia normale. Alla fine, passata l’euforia del momento, rifletti: Pietro è in nazionale, sì, ora però tutto va avanti come prima. Io qui in Inghilterra, Anna a Bergamo, Francesco con il suo lavoro e Pietro con il suo sogno. E noi non possiamo essere più felici di questo”.
Cosa ti rimane? Il per sempre
E poi una parentesi delicata, intima, che Sara ci racconta con le lacrime agli occhi nel ricordo della mamma, scomparsa un anno fa dopo una lunga lotta contro un tumore. Con rispetto, entriamo nel racconto di quei momenti: “Erano anni che avevamo capito che questo momento sarebbe arrivato. Quando è successo poi… Cosa ti rimane? Ti rimane l’affetto delle persone che ti vogliono bene. Nella tragicità del momento ti rendi conto delle persone che saranno con te per sempre. In quel momento lì ci si rende conto che il legame che unisce una famiglia sarà eterno. Sai che quella cosa lì non svanirà mai. La morte di nostra madre è stata una cosa che ci ha unito ancora di più, ora sappiamo che nonostante tutto ci saremo sempre l’uno per l’altro”.
Un lutto che segna, inevitabilmente, le vite di Pietro e dei suoi fratelli, oltre a quella del padre. Per il ragazzo il calcio è stata una valvola di sfogo e una corazza, un modo per riuscire a superare tutto questo: “Mi ricordo un momento dello scorso anno in cui io studiavo a Milano e facevo avanti e indietro – dice Sara -, Anna e Francesco erano a Udine e Pietro era tornato a Firenze. Quando mia mamma voleva salutare Pietro facevano una videochiamata. Anna mi ha raccontato che ci fu una volta, l’ultima, in cui Pietro scoppiò a piangere fortissimo. Quando l’ho saputo ho detto: “Cavolo, per lui deve essere stata davvero dura, più che per tutti noi”. A Firenze non lo aveva detto quasi a nessuno, era rimasto con questa disciplina e il rigore che lo contraddistingueva. Il suo sogno era lì”.
E poi un regalo, arrivato dallo stesso Pietro, proprio l’anno scorso, in una data di certo non a caso: “Era il 6 ottobre dello scorso anno - ricorda Sara - giorno in cui mia madre avrebbe compiuto gli anni: due giorni dopo Pietro esordì in prima squadra contro il Napoli. Tra me e me dissi: guarda che bel regalo che Pietro ha fatto a mamma, nonostante non ci sia più. Non siamo molto credenti, ma quando succedono queste cose inizi ad associare date e ricordi. È stato un momento molto dolce. Per fortuna che per lui c’è stato il calcio. Quando ti sembra di toccare il fondo, poi possono accadere solo cose belle. Questa ne è la prova. La storia di Pietro è una bella storia”.
“IN HER NAME”: il documentario di Sara
Una storia che Sara ha raccontato in un breve documentario prodotto da lei stessa durante i suoi studi, intitolato “IN HER NAME”, cioè "Nel suo nome”. Ci racconta: “Sono stata a Firenze al Viola Park per fare le riprese. Ho spiegato come lo sport sia stato importante per Pietro, ma in generale come questo possa aiutare a superare un momento del genere. Penso abbiamo contribuito a rendere omaggio a nostra madre e al fatto che anche lei sia stata parte di questo successo. Lui lo dice spesso”. 7 minuti di video intensi, tra le parole di Pietro e quelle del padre Andrea. La delicatezza di un racconto che vale la pena guardare. Un video inedito, custodito fino ad oggi da Sara, che vi possiamo proporre oggi per la prima volta.
Tra Firenze e i fiorentini, Pietro
Lei a Londra, lo abbiamo detto, con una passione ancora viva per il giornalismo. Sportivo, chissà. E magari un giorno li troveremo uno in campo e l’altra pronta a intervistarlo a fine partita. E il suo sogno per il fratello Sara non lo nasconde “Spero che in futuro Pietro venga a giocare a Londra”. Ora però c’è Firenze nel presente di Pietro e anche dai suoi racconti, si riesce a capire quanto la fiorentinità ormai faccia parte del ragazzone classe 2005: “Pietro si sente assolutamente fiorentino – racconta Sara, che poi svela l’ennesima buffa competizione tra loro due: “Io e lui siamo molto legati a livello caratteriale. Quando io ero a Milano e lui a Firenze lo stuzzicavo, mandandogli foto di Milano: “Ma guarda quanto è bella?”. E lui tutte le volte rispondeva piccato, dicendo che era più bella Firenze. A parte le rivalità familiari, Firenze è bellissima. È stata una città che lo ha adottato da ragazzino e lui si trova benissimo con i fiorentini. So che siete molto schietti ma passionali. Per lui, la tifoseria viola fa tanto. Lui dà molto a prescindere, ma il sostegno che c’è a Firenze ha lasciato anche me a bocca aperta. Pazzesco. Mi ricordo che eravamo a Santa Maria Novella, lui era ancora minorenne e dovevo andare a prenderlo per riportarlo a casa per le vacanze di Natale. Aveva la borsa della Fiorentina ma era ancora un mezzo sconosciuto, giocava in Primavera… Appena lo hanno visto ai controlli ci hanno fatto passare immediatamente. In quest’episodio curioso ho visto il popolo fiorentino. Devo dire che come popolo vi adoro. Son contenta che Pietro sia lì e così come me anche nostro padre, che è appassionato di arte e fa i suoi giri ai musei”.
Tra paragoni e soprannomi
I paragoni si sono sprecati, i soprannomi anche. Lo abbiamo accennato prima. Curiosità finale: soldato, mastino, Pietro si rivede in questi nomignoli? “Credo gli piacciano – dice Sara – perché alla fine rispecchiano molto la sua personalità e quello che è. Un ragazzo forte, determinato e con un talento nel calcio. Quindi sì, credo che i soprannomi gli vadano bene”.
Ringraziamo Sara per la sua disponibilità e gentilezza.