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Moise Kean

Un incubo. Non c’è altro modo per descrivere quello che è andato in scena a San Siro. L’Inter vince 3-0, ma il punteggio non racconta fino in fondo il dominio totale dei nerazzurri su una Fiorentina impaurita, rinunciataria e senza un’idea di gioco.

Una squadra che sembra giocare solo per non prenderle, e che alla fine le prende comunque. È il ritratto di una crisi profonda, tecnica ma anche psicologica, che porta a una sola domanda: quanto ancora deve durare questo scempio?

Un’ora di nulla, poi il crollo

Per un tempo la Fiorentina è rimasta a galla non per meriti ma per demeriti di un Inter che minuto dopo minuto prendeva sempre più coraggio e campo. Il resto è stato solo sofferenza: 37% di possesso palla, baricentro a 29 metri, e una sola azione degna di nota in contropiede con Kean.

Il dato sui tiri viola è impietoso: 10 tiri totali, di cui solo 2 nello specchio. L’Inter, al contrario, ha chiuso con 18 conclusioni, 8 in porta e 10 occasioni da rete.

Nel secondo tempo ogni “schema” nella squadra di Pioli è saltato. Prima Calhanoglu (66’) con un destro da fuori area, poi Sucic con una giocata d’alta scuola e infine ancora il turco su rigore (88’).

Nel mezzo, l’unico squillo che definirlo tale è un’offesa a chi le occasioni le crea davvero e cioè Kean lanciato in porta, diagonale debole su Sommer che esce da San Siro con i guanti più puliti di quando è entrato in campo.

Squadra senza anima

È questo il vero dramma: una Fiorentina senza spirito, senza reazione, senza un’idea di calcio. Pioli ha impostato la partita con un 3-5-2 attendista, ma il piano è crollato dopo dieci minuti. Gudmundsson ha passeggiato fintanto che è stato in campo, Ndour e Sohm non hanno mai preso iniziativa, Mandragora fuori ritmo.

Davanti, Kean ha lottato come un cane abbandonato, senza mai ricevere un pallone pulito. Sulle fasce, Dodo e Gosens sono stati un disastro: il primo distratto e fragile, il secondo spaesato e timido.

Il tutto condito da una squadra incapace di alzare il baricentro o di tenere il pallone per più di tre passaggi di fila. I dati in nostro possesso indicano una supremazia territoriale dei nerazzurri del 69% e una precisione dei tiri al di sotto del 20%. 

Numeri da squadra spenta, che gioca col freno a mano tirato e senza alcun automatismo offensivo e che dietro si sgretola alla prima difficoltà

Inter dominante, ma quasi al risparmio

E dire che paradossalmente, nemmeno l’Inter ha dovuto forzare troppo ed è rimasta per tutto il primo tempo e la prima parte del secondo giocando blandi.

Chivu ha gestito ritmi bassi, ha controllato il pallone e sfruttato le voragini tra le linee viola. Calhanoglu è stato un direttore d’orchestra: 75 palloni giocati, 54 passaggi riusciti, 2 gol e un’infinità di soluzioni verticali. Dimarco (4 tiri, 2 assist potenziali) e Sucic (9 palloni recuperati, 2 dribbling riusciti, 1 gol) hanno dominato il centrocampo. Una squadra solida, ordinata, con qualità e cattiveria.

Il punto

La Fiorentina è allo sbando. Non si tratta più di episodi o di sfortuna, ma di assenza totale di identità.
Il dato più inquietante è la rinuncia alla manovra: 53% di passaggi riusciti nella metà campo avversaria, baricentro costantemente schiacciato, pressing nullo.

Pioli sembra non avere più controllo: i cambi (Fagioli, Fazzini, Dzeko) sono stati casuali, non parte di un piano. L’unico è stato Fortini entrato al posto dell’acciaccato Gosens. La squadra non corre, non si aiuta, non ci crede.

Il prossimo match con il Lecce sarà già un dentro o fuori psicologico, uno scontro salvezza che a pensarlo qualche mese fa pareva una battuta fin troppo sarcastica. Un’altra settimana di agonia, aggrappati a una macchina che corre verso il burrone, mentre nessuno sembra avere il coraggio di prendere il controllo.

Ed è inutile adesso sentire i soliti discorsi dove Pradè prima, Pioli poi si assumono le colpe ma restano saldamente incollati alle proprie poltrone, serve qualcosa che scuota lo spogliatoio prima che sia troppo tardi.


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