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Commisso Pradè

Io il campionato della penultima retrocessione me lo ricordo bene. Pronuncio e scrivo quel termine, “retrocessione”, facendo ogni tipo di scongiuro possibile pur non essendo scaramantico. Ma c'è sempre un'eccezione alla regola. 

C'è questo pericolo all'orizzonte della Fiorentina? Al momento no, perché il campionato è appena iniziato (anche se sei giornate valgono già il 16% del percorso). A questo punto della stagione, fortunatamente, nessun obiettivo è ancora precluso, almeno in teoria. Tuttavia la situazione, che due rubriche fa ho definito “disperata ma non seria”, si sta complicando.

La stagione 1992/93

Ricordo che nella sciagurata stagione 1992-93 la rosa della Fiorentina, come quella attuale, non era affatto da retrocessione. Ne facevano parte, oltre a Batistuta, Baiano, Carobbi, Carnasciali, Orlando, Iachini, Flachi, Effemberg, Laudrup. Certamente quella stagione e quella squadra se la ricorda bene Stefano Pioli, che era dentro.

Quando il clima, dentro e fuori dalla società, si inquina progressivamente a causa di fattori difficilmente individuabili, infilarsi nel vortice della depressione e dello smarrimento, è un attimo. Oltre trent'anni fa il precipizio iniziò quasi a metà campionato. Fino a quel momento la squadra era in buona posizione di classifica. Qualcosa si ruppe tra presidente e allenatore (la storia è nota) e il risultato fu il precipizio.

Una crisi quasi inspiegabile

Stavolta, invece, non ci sono traumi evidenti. La crisi della Fiorentina è quasi inspiegabile. Quasi. Perché l'assenza della società è palese. I tifosi hanno messo nel mirino Pradè. Così (inconsapevolmente?) ne hanno cementificato la posizione. Come chiedendo a furor di popolo l'ingaggio di Sarri, a suo tempo, ne minarono ogni possibilità di arrivare sulla panchina viola. Figuriamoci se Commisso può ammettere di aver sbagliato scelte. Figuriamoci se si fa dettare l'agenda dalla piazza. Figuriamoci se è pronto ad uno zinzino di autocritica. 

Piuttosto porterà la squadra... E qui mi taccio.


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