Diciamoci la verità: per vincere venerdì sera al ‘Via del Mare’ serviva forse Gudmunsson in campo? La risposta la conosciamo tutti. Tra i mille problemi della Fiorentina c'è sì quello dell'esterno, ieri palesatasi massimamente con la solita prova insulsa di Sottil e quella fuori da ogni grazia umana di Nzola, entrambi decisivi su 2 gol del Lecce.

Ma la sensazione primaria che emerge da questa maledetta notte pugliese è il traballamento pericoloso del gruppo, quello che over performando fin qui aveva nascosto magagne e trasmesso messaggi illusori, in primis a quanto pare alla società, convinta di aver fatto le cose in grande e sorda ai segnali d'allarme lanciati da Italiano. Senza il suo condottiero, la Fiorentina non esiste più, non gioca più a calcio da diverse settimane ormai, pesca il più delle volte situazioni episodiche ma, a differenza di dicembre, non le gira neanche più così bene.

Scelte cervellotiche e sbagliate da parte del tecnico? Sicuramente, anche al netto di un frigorifero che di merce di qualità ne ha pochissima. Il vero valore aggiunto però Italiano l'aveva offerto dal punto di vista mentale ed è proprio l'affievolimento di questo fattore a far preoccupare. Abbiamo già visto a cosa può portare la demotivazione di un allenatore, se specialmente percepisce di non lottare per lo stesso obiettivo di chi dovrebbe sostenerlo.

Quindi no, la Fiorentina ieri non ha perso per colpa del mercato, non direttamente. La Fiorentina rischia di aver perso però il suo fattore trascinante, quel valore aggiunto che in questo triennio ha portato ben più benefici delle svariate e tragicomiche operazioni di mercato della società. Quel che serviva (in termini di energie ed entusiasmo da immettere nel motore, non solo di singoli calciatori) era chiaro anche a priori: il mal voluto non è mai troppo.

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