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Il valore dell'industria dei videogiochi è più grande di quella dei film e della musica messe insieme, e di sicuro molti di noi spendono parte e proprio tempo giocando sul PC o sullo smartphone.
Ci sono anche studi che hanno dimostrato come un uso consapevole dei videogiochi sia in grado di migliorare molte capacità visive e spaziali, e inoltre possa influenzare il modo di relazionarsi con gli altri, di sapersi organizzare o di mettersi in gioco per i propri obiettivi.

Eppure pochi di noi probabilmente pensano di mettere sul proprio CV i risultati ottenuti nelle partite ai propri giochi preferiti. Ma a pensarci bene, le aziende non potrebbero utilizzare le competenze da videogiocatore come un parametro di valutazione per i dipendenti da inserire nel loro organico?

Forse siamo arrivati alla maturità dei tempi per cui questa osservazione può trasformarsi in concreta realtà. Non è un mistero, infatti, che oggi essere un gamer è addirittura una possibilità professionale per gli utenti più abili e performanti. Ad esempio, con la nascita degli e-Sports sono state create tante associazioni dilettantistiche con lo scopo di dare a vita a team di giocatori che partecipassero ai tornei più famosi in ambito internazionale, in cui spesso vengono messi in palio cospicui premi.

Il movimento si è così allargato, sono nate federazioni e tornei nazionali, e sembra un fenomeno ancora in espansione che ancora non si avvicina ai suoi limiti.

Se dunque possiamo fare del gaming un lavoro, non ci deve sorprendere che le competenze apprese giocando alle console, magari dopo molti tentativi e allenamento, non possano essere applicate alle situazioni di lavoro della vita reale.

Anzi, si potrebbe forse immaginare di rendere più stimolante l’ambiente lavorativo creando situazioni simili a quelle di un videogioco riguardo a determinati compiti, o premi particolari per gli operatori più performanti.

Un curioso sondaggio dell’agenzia GameAcademy ha inoltre mostrato che lavoratori di settori diversi abbiano preferenze simili in termini di genere. Ad esempio i programmatori di software e chi è coinvolto nell’informatica sembrano preferire e avere buoni risultati nei giochi di strategia e puzzle, con i ruoli più responsabilità ad avere una passione speciale per i giochi puramente strategici.
Un modo per implementare “avventure di gioco” nella giornata lavorativa sarebbe quello di analizzare i dati di gioco online di ciascun dipendente e offrire corsi di formazioni che rispecchino le loro attitudini che hanno praticato nel gioco.

Ma ci sono già casi eccezionali, come quelli delle simulazioni militari o per piloti di aerei, in cui la tecnologia virtuale è un elemento imprescindibile di allenamento.
In aeronautica si riesce ad avere un controllo di tutte le variabili rimanendo calmi proprio grazie alle ripetute sessioni di prova al simulatore.

Le abilità acquisite attraverso il gioco possono essere molto rilevanti per certe aree, per esempio la capacità di fare le scelte migliori rapidamente in situazioni di emergenza potrebbe essere cruciale per un membro dell’esercito.

Non sarà una transizione facile, dato che c’è ancora molto da dimostrare e sicuramente un abuso di videogiochi porta a conseguenze negative, ma se si riesce a rendere rilevante la propria storia di traguardi da videogiocatore, l’inserimento della voce nel CV sarebbe davvero un’interessante alternativa.

Di certo, giocare ai giochi di fortuna come le slot gratis non conferisce alcun valore al candidato.

Ma se qualcuno può articolare come ha creato e guidato una squadra in un gioco online ottenendo vari successi, può essere un motivo valido per essere presi in considerazione dal datore di lavoro.


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