Un effetto domino di problemi difficilmente risolvibili. E ora la Fiorentina, che ha clamorosamente sottovalutato la situazione, è senza certezze
Il sanguinoso ko di Reggio Emilia, unito alla sorprendente vittoria casalinga del Verona sull’Atalanta, ha lasciato la Fiorentina inchiodata all’ultimo posto e unica compagine di Serie A ancora a zero vittorie, perdipiù proprio alla vigilia dello scontro-salvezza contro gli scaligeri. In questo momento, oltretutto segnato da appelli all’unità che in maniera triste non trovano riscontro nemmeno nei segnali in campo della squadra, capire le origini della situazione (disperata) attuale può non apparire fondamentale; eppure comprendere l’effetto domino di errori e sfortune che ha portato a tutto ciò è qualcosa che ognuno, in primis mister Vanoli, dovrebbe esser costretto a districare. Per provare a riparare i vari ingranaggi inceppati di questo marchingegno infernale oggi chiamato Fiorentina con metodo, non con altre improvvisazioni.
Fiorentina, quanti problemi. In primis l’incoerenza della rosa
Purtroppo la ricerca delle risposte ovvie e facili è istintiva: come a voler dire “Vedi che ci vorrebbe per risolvere questa crisi, è che manca la voglia”. Invece la situazione della Fiorentina, naturalmente aggravata dal clima negativo e di sfiducia che pare regnare dentro la squadra, è figlia di una serie di valutazioni errate sommate l’una con l’altra. Guardando l’aspetto più immediato, ovvero la costante emorragia di risultati e la carenza di soluzioni di gioco della squadra, va evidenziato come la rosa della squadra viola sia estremamente incoerente e difficile da armonizzare. Nonostante una presenza anche importante di individualità tecniche più che valide, cucirle insieme si sta rivelando quasi impossibile.
E questa criticità c’era già con Palladino
Questo era un problema già presente nella passata stagione (complici i ritardi nel mercato dell’estate ‘24), che - dopo le iniziali sbandate - Palladino aveva affrontato con una progressiva radicale discesa a compromessi sui suoi principi tattici, affidandosi in toto a queste individualità (oggi tutte in crisi). Questi problemi si sono in parte visti anche nella vittoria di ieri contro la Dinamo Kiev, già solo nelle difficoltà di allestire nella mezz’ora finale un tentativo di 4-2-3-1, in particolare sul come comporre la linea di trequarti.
Poi la società ha ignorato i segnali di allarme
L’errore, nel delirio di fine stagione, è stato non comprendere – e nemmeno accettare – queste difficoltà dentro le quali la Fiorentina da mesi navigava a vista (34 punti e dieci ko in 24 gare a partire dalla sconfitta di Bologna erano un segnale enorme, visti anche i 31 punti raccolti nelle prime 14 di campionato), decidendo anzi di ripartire su quella base tecnica come se fosse un solido punto fermo. Oltretutto affidando la costruzione di tale base a un allenatore diverso, reduce da due anni non di alto livello, offrendo un modulo di partenza da lui mai utilizzato e mai saputo gestire (chi si ricorda di Fiorentina-Milan 2-1 del 2023, con i rossoneri schierati a tre? L’allenatore era Pioli). La perdita improvvisa di Palladino è stata per la squadra un fatto inatteso e fonte di confusione, lasciando il gruppo alle prese con le stesse contraddizioni della scorsa stagione ma senza più il legame emotivo per affrontarlo.
E adesso non c’è chiarezza
Se possibile, il mercato estivo ha ulteriormente aggravato l’incoerenza dell’organico della Fiorentina, in maniera talmente grossolana da sembrare deliberata. La squadra, come detto, è difficile da orientare in maniera chiara in campo, e questo è probabilmente uno dei motivi per cui anche Vanoli non sembra scollarsi da quelle stesse scelte iniziali che avevano contraddistinto i primi mesi di Pioli.
Un’incompatibilità diffusa in tutti i reparti
In ordine sparso, abbiamo: un reparto offensivo in cui la coppia potenzialmente titolare Kean-Gudmundsson non ha mai avuto un’effettiva intesa (sia di caratteristiche sia emotiva), nemmeno nella scorsa stagione; come alternative un centravanti sul viale del tramonto, Dzeko, ad oggi non in grado di agire da vertice d’attacco e tremendamente sotto ritmo anche come seconda punta (di nuovo, si veda ieri), e un attaccante chiamato al salto che, con tutta la buona volontà per Piccoli, sta soffrendo enormemente sul piano psicologico (oltre che realizzativo). Poi c’è un centrocampo con una forte presenza di palleggiatori (completati da interpreti muscolari davvero troppo, troppo grezzi) che avrebbero bisogno di ricercare e praticare il possesso palla, però inseriti in una squadra troppo propensa a scavalcare la sua linea di mediana per cercare direttamente le punte. Segue una difesa che ha al contrario enormi difficoltà nella prima costruzione dell’azione, che non si fida più a difendere un minimo aggressiva al punto di collassare sistematicamente in area, formata da un pacchetto di difensori che si combina male tanto a 3 quanto a 4. Quest’ultimo dettaglio si inserisce oltretutto nel contesto di una rosa che, mettendosi a 4 dietro, non ha giocatori da schierare davanti con un criterio logico (di nuovo, si pensi al trio Kouamé-Gudmundsson-Fortini a sostegno di Kean visto nell’ultima mezz'ora sempre contro la Dinamo).
La Fiorentina ha sottovalutato la situazione. Adesso…
La sottovalutazione clamorosa di tutte queste criticità (tratto comune a pressoché tutta la seconda gestione Pradè sotto Commisso), unita al diverso stato di condizione psicofisica di alcuni elementi-chiave e al deficit di fiducia aggravatosi a ogni risultato negativo, ha creato una spirale difficile da rompere proprio per la mancanza di un qualsiasi punto fermo. La Fiorentina è completamente priva di certezze in campo (e tralasciamo fuori dal campo) e i suoi tentativi di aggrapparsi come lo scorso anno all’entusiasmo e allo spirito di sacrificio oggi si traducono in un atteggiamento nevrotico. Nell’ottica mercato, per cercare di sistemare la situazione, questi fattori dovrebbero essere messi in luce per provare a muoversi in entrata, mentre in uscita servirebbe mettere con onestà sul tavolo quali sono le vere disponibilità dei singoli nel giocarsi una stagione da salvezza. Sempre che la sfida con il Verona non finisca per seppellire definitivamente la squadra.



