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Continua il pour parler sullo Stadio Franchi, sull'opzione restyling o meno che sta scatenando le faziosità politiche di una città che d'un tratto sembra non aver altro a cui pensare se non allo stadio della Fiorentina. La Repubblica ci offre il pensiero di Caterina Biti, senatrice del Partito Democratico che da tempo si occupa della questione stadio.

"Seguo con attenzione il dibattito sul futuro dello stadio “Artemio Franchi” e credo possa essere utile qualche parola anche da parte mia per fornire il quadro più completo possibile, dato che la norma sugli stadi in questione è stata seguita da me in prima persona, con un grande lavoro di squadra dei parlamentari fiorentini del Pd e del sindaco Nardella. Desidero, dunque, ripartire da ciò che il Parlamento ha votato: la ristrutturazione e l’adeguamento funzionale degli stadi vincolati saranno possibili - in deroga ad alcune norme del Codice dei beni culturali - a patto che si mantengano gli elementi essenziali ai fini testimoniali, così da tenere insieme l’esigenza di mettere in sicurezza l’impianto con la necessità e la volontà di non cancellarne l’identità storico-culturale. Ciò, quindi, non significa - come qualcuno vuol sostenere - che lo stadio possa essere distrutto: non è la nostra posizione e non corrisponde al contenuto dell’emendamento che ho firmato e che adesso è legge. Ben più ragionevolmente, la nuova norma pone l’adeguamento impiantistico e la messa in sicurezza dello stadio al primo posto rispetto alle valutazioni di natura prettamente conservativa: adesso è possibile percorrere la strada di un restyling sostanziale dell’impianto sportivo, mantenendo - anche in forma distaccata - gli elementi che il Ministero dei beni e delle attività culturali riterrà strettamente indispensabili. A questo punto è tutta questione di volontà: da legislatori abbiamo predisposto quella che riteniamo la norma migliore per permettere alla società e all’amministrazione di sottoporre al Ministero un progetto di ristrutturazione incisiva dell’impianto e ricevere una risposta puntuale, consentendo alle “parti in causa” di trovare un accordo e mettendo fine alla stagione dei veti incrociati. La politica, dunque, ha assolto ai suoi compiti nell’interesse di Firenze e della sua storia, raggiungendo un punto di equilibrio alto che sarebbe un peccato non riconoscere. Una città come la nostra, che ha alle spalle una storia di audacia e che ha coraggiosamente plasmato l’idea di bellezza per secoli, non può ridurre la discussione sul futuro dello stadio a una guerra tra opposti estremismi, rischiando di rimanere intrappolata ancora nella logica di Guelfi e Ghibellini. Con il nostro lavoro abbiamo dato risposta alle esigenze reali di Firenze: avere un Franchi sicuro, moderno e funzionale, all’altezza degli standard internazionali sugli impianti sportivi. Se si vuole, dunque, il Franchi si può ammodernare e trasformare in uno stadio di prim’ordine, senza snaturarne l’identità ma con la visione e l’ambizione che si richiedono alla città di Firenze".

 


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