Galloppa: “Se un giocatore non migliora è una mia responsabilità. Noi ex calciatori pensiamo di essere bravi anche ad allenare, invece…”
Durante la sua intervista a DicciPodcast, Daniele Galloppa ha avuto modo per concentrarsi su varie dinamiche che riguardano il ruolo dell’allenatore. Il tecnico della Fiorentina Primavera si sofferma sulla gestione dei calciatori e sul loro percorso di formazione.
“Ci sono momenti in cui arrivi con la testa piena di pressione e pensi ‘oggi non ne ho’, il ruolo però poi ti porta a rientrare nella parte e fare ciò che devi. Ma siamo umani, esistono giorni in cui sei meno forte e lucido, pazienza, non ce ne si può fare una colpa. In alcuni casi vorresti staccare, e mascheri, perché serve stare vicino ai ragazzi. Fare l’allenatore è un ruolo affascinante, che riempie tanto ma che ti chiede tanto. Devi girare senza sapere quanto stai in un posto… quando finisce l’allenamento, se sei un calciatore, riesci a staccare, a fine seduta invece alleni anche di più, perché ci sono tante cose da fare. Se riesci a creare un’alchimia in campo diventa affascinante e hai sensazioni che nella vita normale non ritrovi”.
‘Essere stato calciatore aiuta, ma allenare è un mondo’
“Allenare dopo essere stato calciatore dovrebbe essere più facile, perché hai respirato quali sono le dinamiche dello spogliatoio e puoi anticipare e percepire le sensazioni dei ragazzi, avendole vissute. Poi però non basta: noi ex calciatori pensiamo di essere bravi anche ad allenare, ma è un mondo. È comunicare, insegnare, essere psicologo, saper correggere. I ragazzi oggi vengono da altri vissuti, si parla meno, si fanno mille cose in un momento. I ragazzi hanno molte più conoscenze ma sono molto più fragili emotivamente. Si viaggia tanto in superficie, si va poco in profondità e quando ti ritrovi in certe situazioni fatichi a gestirle. È difficile accettare di non giocare”.
“La cosa più complessa per l’allenatore è gestire chi non gioca. Quando non giocavo ero fumantino, mi capitano personalità così, riesco ad accettare anche alcuni atteggiamenti che non dovrebbero avere, poi però affronto la questione viso a viso. A inizio anno dico sempre che se cambiano atteggiamento con me perché non giocano non è un problema mio: il mio ruolo mi dice di fare delle scelte. È un problema che ognuno deve risolvere con se stesso, non faccio miracoli”.
‘Come allenatore ho la responsabilità di far migliorare i ragazzi’
“Al nostro livello è la prima squadra che guarda i nostri allenamenti e partite e poi sceglie i ragazzi, ovviamente si confronta con me ma c’è il direttore della prima squadra che osserva e decide. Capire chi è da prima squadra, che ha un futuro, è molto più difficile sotto che in Primavera, quando spesso si danno giudizi affrettati. A 18-19 anni una fotografia chiara invece ce l’hai. Come allenatore e staff abbiamo la responsabilità di far crescere i ragazzi, al di là che salgano o meno in prima squadra. Se un calciatore non migliora in 6 mesi è una mia responsabilità”.



