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Fiorentina Delusione

Doveva essere la partita della svolta, quella in cui Pioli avrebbe ritrovato la sua Fiorentina, i leader e il vecchio spirito di gruppo. Invece è finita con un’altra sconfitta, la nona giornata senza vittorie, un film già visto in troppe domeniche: tanto possesso, molte occasioni sprecate e un gol preso su uno dei pochi tiri subiti. Vince il Lecce 1-0 grazie alla rete di Berisha, e lo fa con il minimo indispensabile, sfruttando l’ennesima ingenuità di una squadra che si è persa nei propri limiti mentali prima ancora che tecnici.

Le scelte di formazione

Il pre-partita lasciava intendere tutt’altro scenario. Pioli era tornato al suo modulo storico, il 3-5-1-1, affidandosi ai senatori e cercando equilibrio con il doppio regista Nicolussi Caviglia-Fagioli. L’idea era quella di ripartire dalla solidità e dalle geometrie, con Kean e Džeko davanti e i quinti Dodô e Fortini a garantire ampiezza. In realtà, dopo un avvio discreto ma timido in cui la Fiorentina ha tenuto palla e provato a spingere, la partita si è capovolta al 23’: un errore di Ndour in uscita, il cross immediato di Morente e l’inserimento di Berisha sul secondo palo, completamente dimenticato, che ha trafitto De Gea da due passi. Il copione da lì in avanti non è cambiato. Lecce compatto e feroce nei raddoppi, Fiorentina frenetica e imprecisa, con i soliti limiti nel finalizzare.

Le occasioni non sfruttate

Eppure, le occasioni ci sono state. Džeko di testa al 38’ e Ranieri al 43’ hanno avuto due palle gol colossali da calcio d’angolo, entrambe finite sopra la traversa. Nel secondo tempo Pioli ha rivoluzionato la squadra inserendo Gudmundsson, Mandragora e Sohm, poi Piccoli e Fazzini, provando a dare ritmo e imprevedibilità. La manovra è diventata leggermente più veloce, ma l’esito è stato sempre lo stesso: poca concretezza e zero cinismo. Nel finale il rigore assegnato a Ranieri e poi tolto dal VAR ha solo aggiunto frustrazione a una serata da dimenticare, conclusa con l’ultimo tiro di Sohm alle stelle e quello di Piccoli largo nel recupero.

Cosa dicono i dati

I dati statistici del match raccontano di una Fiorentina più pericolosa del Lecce nei volumi complessivi, ma incapace di incidere. Undici tiri contro dieci, più tempo passato nella metà campo avversaria, ma un solo vero tiro nello specchio pulito. Kean ha concluso quattro volte senza segnare, Gudmundsson e Dodô hanno provato a inventare qualcosa dalla fascia, Ranieri e Džeko hanno avuto le chance più nitide sui calci piazzati. Il Lecce, dal canto suo, ha tirato poco ma meglio: quattro conclusioni dentro l’area e un gol costruito in modo semplice ma efficace. È l’ennesima conferma di ciò che avevamo scritto nel pre-gara: la Fiorentina non è una squadra che non crea, è una squadra che non finalizza. Anche oggi gli expected goals teorici sarebbero stati sufficienti per vincere, ma la realtà dice zero reti fatte e un’altra sconfitta.

Una squadra troppo fragile per essere vera

L’altro punto che avevamo evidenziato nel pre-match è la fragilità negli ultimi trenta minuti, si è riproposto puntualmente. Come il Lecce, anche la Fiorentina ha mostrato un crollo evidente nel finale: nervosismo, imprecisioni, falli banali, e la sensazione che basti un episodio negativo per far cedere l’intera struttura mentale. Non a caso, il rigore revocato all’88’ ha lasciato la squadra svuotata e incapace di reagire.

Dal punto di vista tattico, il 3-5-1-1 di Pioli non ha funzionato come previsto. Nicolussi e Fagioli nel primo tempo sono sembrati duplicare le stesse zone, senza verticalizzare mai, e il Lecce ne ha approfittato per chiudere ogni linea di passaggio centrale. Con l’ingresso di Gudmundsson la manovra si è accesa come una piccola fiammella, ma comunque troppo tardi. Fortini ha spinto ma con poca precisione, mentre Kean ha incarnato il paradosso di questa Fiorentina: sempre nel vivo dell’azione, ma mai nel momento giusto per segnare.

In sintesi, tutto ciò che avevamo previsto alla vigilia si è avverato nel peggiore dei modi. Il Lecce si è confermato squadra solida, brava a sfruttare gli errori e a chiudersi senza andare nel panico. La Fiorentina, invece, è rimasta intrappolata nella propria sterilità, confermando il trend di inizio stagione: 15 gol subiti (otto negli ultimi trenta minuti), nessuna vittoria in nove giornate, peggior avvio nell’era del girone unico.

È una crisi di numeri ma anche di fiducia. Pioli ha ritrovato i suoi uomini, ma non la loro fame. E in un Franchi sempre più arrabbiato, la sensazione è che la squadra viva con paura anche le situazioni più semplici. Serve un cambio radicale nell’approccio, perché non basta più dire che “la prestazione c’è”. Contano i gol, i punti e la lucidità nei momenti che decidono le partite.

Il Lecce, più cinico e più organizzato, ha fatto la sua partita e l’ha portata a casa. La Fiorentina, invece, ha rimesso in scena il solito copione. Tanto gioco, tanti rimpianti, e zero risultati. E a questo punto, le parole non bastano più: servono fatti, e servono in fretta.

 


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