Bucchioni: "Non è detto che chi manda avanti un'impresa con quattromila dipendenti sappia far funzionare anche un'impresa calcistica. I tifosi della Fiorentina ora sono confusi"

Il giornalista Enzo Bucchioni si espone così sulle pagine de Il Tirreno a proposito della attuale gestione societaria della Fiorentina e sulle ultime vicissitudini tra campo e le tematiche tra stadio e mercato:
"Lo strano caso del dottor Rocco e della Fiorentina, quasi il titolo di un romanzo, dove Rocco sta per Rocco Benito Commisso, magnate americano con un patrimonio di 6,9 miliardi di dollari, e Fiorentina sta per squadra di calcio e non per bistecca. Strano caso, dicevamo, almeno a giudicare da quello che sta succedendo a Firenze dove Commisso è arrivato nel giugno del 2019 dopo aver comprato, e in un certo senso liberato, la Fiorentina da Diego Della Valle. All'inizio, con tre o quattro slogan del tipo «sono qui per vincere», «sogno la Champions», «i soldi non sono un problema», «voglio fare subito lo stadio nuovo», Rocco ha conquistato in fretta un'intera tifoseria e una città, sindaco compreso. Un colpo di fulmine, insomma. [...] Ma cosa è successo per mettere così rapidamente in crisi quella che sembrava una bella storia d'amore pallonaro? Per sintetizzare potremmo dire che mister Commisso portando da oltre Oceano soldi, idee e voglia di fare, pensava di trovare una strada tutta in discesa, quando invece ha visto davanti a sé diverse salite, il mestiere dello scalatore non sembra il suo forte [...].
Poi ha cercato una zona fuori dai confini del comune di Firenze, ma gli hanno fatto capire che "non è cosa".
E allora, ideona, perché non rifare il vecchio Franchi? Rocco, pensando di essere nel Bronx o nel Queens, s'è lasciato sfuggire una frase del tipo «va raso al suolo con le ruspe». Non l'avesse mai detto! Il Franchi è monumento nazionale. Da lì il diluvio di oppositori e opposizioni. In attesa di capire che restauro si potrà fare, una cosa è certa: il "fast, fast, fast", veloce, veloce, veloce, parola d'ordine di Commisso, in Italia non funziona. L'Italia non è l'America.
Questa cosa della burocrazia, dei ritardi, delle mille leggi e leggine, però lui non la vuole accettare, l'ha fatto andare in bestia. Tutto bene, invece, per il Centro Sportivo viola che sorgerà a Bagno a Ripoli, progetto approvato, spesa prevista ottanta milioni. Bello? No bellissimo, ma non basta. Oggi lo sviluppo di una società passa necessariamente dallo stadio di proprietà con annessi beni immobili quali centro commerciale, museo, albergo, in grado di produrre utili e quindi alzare il fatturato. Questo vorrebbe fare Rocco, però adesso è tutto più incerto e complicato. «Se non mi fanno costruire lo stadio, la Fiorentina è destinata a vivacchiare», ha fatto sapere lui. Frase già sentita in passato. E allora? Non era pieno di soldi? Si chiedono i tifosi, dimenticando che Rocco è ricchissimo, il presidente più ricco della serie A, ma pur sempre un imprenditore e non un benefattore. Un'altra amara verità.
Qualcuno obietterà: cosa c'entra lo stadio con la squadra che va male?
E qui siamo alla seconda salita di Rocco. Lui a New York è padrone dei Cosmos e deve aver pensato che il calcio è uguale dappertutto. Errore. In Italia è complicato, andrebbe fatto fare da chi lo conosce. E, soprattutto, non è detto che chi sa mandare avanti un'impresa con quattromila dipendenti sappia far funzionare anche un'impresa calcistica. Rocco ha confermato Montella, ha imposto Iachini, errori capitali. Ha speso un'ottantina di milioni sul mercato, ha ripianato i debiti con altri venti, alla fine ha anche venduto Chiesa alla Juventus e la squadra non funziona. Come se non bastasse, dopo il direttore sportivo Pradè per cercare di rimettere a posto le cose ha ripescato anche Cesare Prandelli, un altro pezzo della storia dei Della Valle. E qui il tifoso s'è confuso. Il futuro assomiglia troppo al passato e il passato fa paura. Le magliette con la scritta "Rocco grazie assai" sono sparite dalla circolazione, nessuno pensa che andava meglio quando andava peggio, però questa Fiorentina made in Usa non è certo quella che Firenze sognava".