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Palladino Pioli

Che tutto cambi perché nulla cambi. Diciamoci la verità, dalle parole del ds della Fiorentina, Daniele Pradè, domenica sera ci saremmo aspettati quantomeno qualcosa. Almeno sapere, capire, come è andato il confronto con allenatore, squadra, proprietà. Un dirigente che apertamente dice (ed è sempre l'unico a metterci la faccia, almeno questo va riconosciuto), che andrebbe cacciato o dovrebbe dare le dimissioni, è una roba abbastanza particolare. Soprattutto perché detta non da un neofita, ma da uno che è da più di trent'anni nel calcio. 

Silenzio

Invece silenzio. Da parte di un proprietario in America e con problemi di salute che lo stanno tenendo distante da Firenze. Pioli dice che la colpa è solo sua e della squadra, Pradè dice che è colpa sua per le decine di milioni evidentemente spesi male, Ferrari che fa ancora prima, non parla, forse perché, in quel ruolo, occorrerebbe spessore calcistico diverso. A proposito, solitamente quando le cose non vanno bene (come nel dopopartita del Milan) dovrebbe essere il direttore generale a prendere la parola, ovvero l'uomo, sulla carta, in stretto contatto con la proprietà e che dovrebbe giudicare il lavoro del ds e dell'allenatore. A Firenze invece accade esattamente il contrario. 

Problemi di comunicazione

Ma d'altronde dei problemi di comunicazione, dei pochi uomini di calcio in società, parliamo e scriviamo da tempo, anzi da anni. E se si è deciso di non intervenire mai, anzi di inserire nell'organigramma figure 'giovani' e inesperte, mandando via figure esperte e di spessore e prima o poi il conto arriva. E magari arriva tutto insieme, salatissimo, come sta accadendo adesso.

Ma come al solito, adesso, la cosa più facile è prendersela con allenatore e direttore sportivo, o con i calciatori, quando sappiamo bene che è il proprietario di una società che decide i propri uomini, che indica la strada, che mette l'ultima parola. E se ti va bene un anno (per puro caso), non è detto che ti vada bene l'anno dopo, anche se spendi di più. Palladino, autore di un sesto posto, di un filotto di vittorie incredibili, in un'annata difficile da gestire (vedesi il caso Bove), è riuscito a far fare una stagione straordinaria a Kean, a prendere decisioni importanti come l'esclusione di Biraghi, e a tenere ben saldo un gruppo che non giocava certamente bene ma che si muoveva da squadra. Eppure, non piaceva a gran parte della gente (ma questo ci sta, a Firenze come nel calcio in generale), ma la cosa che più fa specie è che veniva criticato e punzecchiato una domenica sì e una anche, dall'interno della società.

Oggi, invece, dopo un mercato da 92 milioni, davanti ad un allenatore che guadagna due volte quello che prendeva Palladino, con un ultimo posto in classifica e un gioco ancora peggiore di quello dell'allenatore napoletano, Pioli viene difeso a spada tratta. Permetteteci, davvero, di non capire. Oppure di capire troppo bene che cosa non va in questa Fiorentina.


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