Negli anni Novanta, la coppia composta dall'ex presidente della Fiorentina, Vittorio Cecchi Gori, e dalla moglie Rita Rusic, era quella d'oro del cinema italiano. Le cose però precipitarono con l'inizio del nuovo millennio. La separazione, la crisi finanziaria del tycoon, i fallimenti a catena, compreso quello della squadra calcistica.

Quel periodo l'ha ripercorso la Rusic in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera: "Forse la crisi con Vittorio inizia quando, ricevendoci, l’ambasciatore francese disse: l’allieva che supera il maestro. Capii subito che era la fine. I litigi cominciarono dopo la cover di Lady Ciclone, su Sette. Lui iniziò a soffrire il mio successo, come se togliesse qualcosa a lui. Era come dire: è brava la moglie, non lui. Non era vero. Forse come produttore ero più brava io, mi piaceva lavorare col regista, gli sceneggiatori... Ma come imprenditore lui aveva più visione. Io non vedevo competizione, ma compensazione. Lui, invece, iniziò a considerarmi una nemica...Ormai avevamo la Fiorentina, TMC, case ovunque, aerei privati, andavamo su barche da un miliardo di lire al mese. Era una dimensione non normale e anche le tensioni erano fuori dall’ordinario".

E poi: "La separazione? Fu orribile. Ricordo quando lessi nello sguardo di Vittorio che per lui non contavo più niente. Sentii che mi voleva annientata...Ho preso zero e neanche una casa ed è stata un’offesa per tutte le donne che hanno passato anni con un uomo, facendo, lavorando, dimostrando. L’altra vergona è che ci ho messo 17 anni e mezzo divorziare, una violenza terribile. E il divorzio è arrivato quando non c’era più niente: Vittorio era stato arrestato e le società erano fallite. I miei figli non hanno neanche un garage che arrivi dal padre. Com’è potuto crollare un impero?Me lo chiedo anch’io. Valeva quattromila miliardi di lire: se lo fai apposta, non ci riesci".


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